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di Antonio Frascadore

Ritorna l’inverno, ritornano le piogge e ritornano le allerte “arcobaleno”. Che ci sta bene dopo ogni acquazzone. Prima si utilizzavano i numeri (da 1 a 5). Ora per identificare la pericolosità delle allerte si usano i colori. Nel 2015 quando il fiume calore invase buona parte della città la protezione civile aveva diramato allerta arancione. Martedì, 5 novembre 2019, quando la Protezione Civile ha diramato allerta arancione, potevi sederti di fronte Santa Sofia, al bar, e sorseggiare un caffè senza abbottonarti nemmeno la giacca a vento.

Che significa? Significa che le allerte sono fatte di numeri, di algoritmi, significa che alla fine aivoglia a prevedere ma se Dio la vuole buttare giù come Dio vuole allora è meglio restare chiusi in casa (per chi può). E se invece Dio si distrae se ne sbatte altamente di ciò che ha detto la protezione civile il giorno prima e durante la mattina puoi portare anche il cane in giro (magari non sul corso, se non hai la paletta per la cacca con te).

E chi fa il sindaco che deve fare? A questa domanda ognuno di voi ha la sua risposta. Tutti sanno fare il sindaco in Italia. Come tutti sanno fare i politici, gli allenatori di calcio, qualcuno il poeta, il santo e il navigatore. In fondo siamo sempre in Italia. Con il culo degli altri tutti sappiamo fare tutto.

Ed allora proviamo a metterci nei panni di chi si assume la responsabilità civile e penale. Traducendo: se io voglio buttarmi giù dal ponte sono fatti miei e decido io per la mia vita. Se però devo decidere per la vita degli altri, ed allora mi sembra giusto pensarci su due volte.

L’allerta arancione, quel colorino ormai preferito da tutti gli studenti sanniti (meno dai genitori) indica piogge abbondanti, trombe d’arie, c’è il rischio di esondazioni, cadute di alberi e possibili danni a persone o cose. Lo dice la Protezione Civile, non il Divino Otelma.  

Se fai il sindaco provi a tutelare le persone. Le persone da tutelare maggiormente chi sono? I bambini. Ed allora che puoi fare come primo cittadino? Chiudi le scuole. Diciamoci la verità: ipotizziamo che il sindaco non chiuda le scuole, ipotizziamo (con tutti gli scongiuri) che un bambino mentre sta entrando a scuola riceva un colpo in testa da un vaso, un ramo di un albero, scivoli sulle scale bagnate dell’edificio. Che faranno i genitori? Che faranno i webeti? (mi perdoni Mentana se mi permetto).

Se la prendono con Mastella, con il sindaco, con il comune che, nonostante l’allerta, non ha chiuso le scuole. Ed allora fa bene il Sindaco a chiudere. Con il culo del sindaco, è comprensibile. Lo stesso “di dietro” che gli studenti di Aversa avrebbero voluto linciare al loro primo cittadino, reo, con allerta gialla, di aver tenuto aperte le scuole sia lunedi che martedi. Alfonso Golia, sindaco della cittadina casertana, dopo la sua decisione, ha riportato su Facebook i numerosi messaggi e le minacce di morte ricevuti dagli studenti a seguito della sua decisione.

Da una parte, dunque, chi è elogiato dagli studenti e contestato dai genitori (a Benevento). Dall’altra chi è minacciato dagli studenti e non supportato dai genitori, che forse in questo caso si, dovrebbero intervenire, ma con quattro schiaffi ai propri figli (non si danno gli schiaffi, ma uno scappellotto se minacci di morte ad una persona su facebook forse lo meriti).

Quando andavo a scuola mi ricordo che entravo in aula zuppo dalla testa ai piedi, posavi l’ombrello insieme ad altri 30 ombrelli nel porta ombrello e ti sentivi asciutto intorno alle 13:30 quando suonava la campanella. Il momento in cui, uscendo, ti saresti bagnato di nuovo, causa pioggia.

Quando andavo a scuola (non sono cosi vecchio ma a quanto pare mi accingo a diventarlo) la massima espressione di libertà era restare affacciato alla finestra sperando che la 127 della professoressa di Matematica non comparisse per cause a cui eri poco interessato. L’importante era il risultato. I social non c’erano e il sindaco lo vedevi solo il primo giorno di scuola quando passava a salutare. Sono cambiati i tempi. E sono cambiate pure le allerte meteo. Forse ciò che è rimasto uguale a 20 anni fa sono le scuole, è lì che piove sul bagnato.