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Benevento – Secondo il presidente salentino Sticchi Damiani il Lecce ha dimostrato di essere più forte, eppure al novantesimo il Benevento ha qualcosa da recriminare. Un rigore, ad esempio. Oppure il fatto di essere giunto a un passaggio comodo dal clamoroso 2-1. Episodi capitati tra l’85’ e l’89’, quando la partita ormai stava salutando tutti per raggiungere comodamente l’archivio del campionato. Alla fine lo ha fatto senza veder sbloccato nuovamente il punteggio dall’uno a uno sancito dai gol di Mancosu e Coda, entrambi propiziati da errori individuali degli ‘ex’. In occasione della rete leccese Di Chiara ha tirato fuori un’apertura improvvisa azzannata come fosse un bocconcino da Mancosu; poi ci ha pensato Lucioni, l’osservato speciale del pomeriggio, ad arpionare male una palla sulla trequarti difensiva favorendo la giocata di Insigne per l’assist vincente all’indirizzo di Coda, fino a quel momento poco preciso come fatto rilevare sia da Bucchi che da sé stesso con l’autocritica di fine partita.

Fin qui la cronaca riassunta ai minimi termini di una gara alla quale nel finale manca un penalty per un fallo di mano di Calderoni. Il colpo di testa di Antei all’89’ viene infatti intercettato da un braccio parso troppo largo del terzino leccese. Per l’arbitro Serra di Torino tutto regolare, nonostante le animate proteste di gran parte dei giocatori sanniti rinfrancate da un replay di Dazn che aumenta a dismisura i dubbi della prima ora. Liverani questa scena se l’è persa. Proprio Serra lo aveva allontanato dalla panchina per proteste dopo la concessione della punizione da cui è scaturito l’episodio. Per il tecnico leccese non esisteva alcun fallo. Per l’arbitro, qualche secondo dopo, non è esistito alcun rigore (e nessun calcio d’angolo). 

E dunque 1-1 con bicchiere mezzo pieno per entrambe. Sì, perché se il Lecce può gioire per una prestazione sicuramente migliore rispetto a quella degli avversari di turno, il Benevento non può rammaricarsi per un punto conquistato su uno dei campi più difficili della categoria. Certo, se la squadra di Bucchi vuole ambire a posizioni di primissimo piano urgono accorgimenti, considerando che la gara di ieri non ha fatto altro che dare conferme sui tasselli mancanti per renderla competitiva.

Il centrocampo continua a peccare di lucidità, qualità e dunque fluidità nel far partire l’azione; in difesa, sulla corsia sinistra, senza il dovuto supporto di Improta nei raddoppi si fa fin troppa fatica. Ne consegue una perdita di equilibri e pericolosità che fa abbassare di molto il baricentro costringendo spesso a lanci lunghi infruttuosi sia i difensori che i centrocampisti. L’involuzione di Tello è preoccupante non tanto dal punto di vista fisico, ma mentale. Le sue giocate di prima sono spesso un favore agli avversari e sottolineano che questa squadra ha tremendamente bisogno di Viola, unico giocatore in rosa dotato di geometrie, la cui situazione va chiarita al più presto.

Non è bastata la lunga sosta a favorirne il recupero. Ora ne arriva un’altra, certamente più breve ma decisiva per allontanare qualsiasi alone di mistero sulle sue condizioni. E poi c’è il mercato, in parte spettro e in parte alleato, dipende dai punti di vista. Quattordici giorni senza calcio giocato sono tanti, vanno sfruttati per intervenire nella massima serenità per portare a casa almeno tre innesti, uno per reparto, che diano un apporto determinante in termini di qualità. Perché è ormai inutile girarci intorno: sul piano del gioco, della manovra e delle idee, nonostante i tanti discorsi relativi alla cosiddetta “carta”, il Benevento è già da tempo indietro rispetto alle ‘primissime’ di questa serie B.