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Malaffare, corruzione, clientele, piaghe sociali con cui i lavoratori onesti del nostro Paese sono costretti a combattere quotidianamente. L’attenzione sulla corruzione e sulla percezione della stessa è aumentata anche grazie alla ridefinizione delle competenze nel 2014, per decreto legge, dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, presieduta da Raffaele Cantone. La chiave dell’attività della nuova ANAC, nella visione attualmente espressa è quella di vigilare per prevenire la corruzione creando una rete di collaborazione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche e al contempo aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, riducendo i controlli formali, che comportano tra l’altro appesantimenti procedurali e di fatto aumentano i costi della pubblica amministrazione senza creare valore per i cittadini e per le imprese.

Il fenomeno della corruzione in Italia è ben descritto dai dati relativi all’Indice di Percezione della Corruzione che vede l’Italia al 53° posto nel mondo su 180 Paesi, con un punteggio di 52 su 100. Numeri che confermano un trend in lenta crescita del nostro Paese nella classifica globale e lo stesso vale per la classifica europea, dove ci allontaniamo dagli ultimi posti.

Accanto all’ANAC, dal 15 novembre 2017, il nostro Parlamento, con l’approvazione della legge numero 179 sul whistleblowing, ha introdotto misure di protezione dei lavoratori dipendenti che, denunciando, rischiano di trovarsi inevitabilmente in situazioni molto complicate: stigma, mobbing, demansionamento, licenziamento. Il whistleblower (tradotto alla lettera, “il fischiatore”) è il lavoratore dipendente, tanto del settore pubblico quanto del settore privato, che segnala reati o irregolarità dei quali viene a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro: i più classici degli esempi riguardano appunto possibili episodi di corruzione, truffa, mancato rispetto dei diritti dei lavoratori, ma anche tanto altro. Dunque, per la prima volta è direttamente il nostro paese a promulgare una legge che afferma che il dipendente che segnala un illecito ai responsabili anticorruzione, all’Anac o alla magistratura “non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure ritorsive”.

Segnalazioni che, grazie a questo nuova sistema di protezione, sono aumentate. A documentarlo è il report di Transparency International Italia pubblicato ieri, martedì 12 febbraio, sulla piattaforma ALAC (Allerta anticorruzione). Nel 2018 la regione da cui sono state inviate più segnalazioni è risultata essere la Campania. Altre regioni che hanno registrato un aumento sostanziale delle segnalazioni sono Piemonte, Emilia-Romagna e Sardegna. Guardando invece al dato provinciale, il maggior numero di segnalazioni è arrivato dalla Città Metropolitana di Roma, seguita da Napoli, Torino e Cagliari. Nello specifico, dei 24 casi campani sui 152 italiani, 13 sono stati segnalati da Napoli, 5 da Caserta, 4 da Salerno, 2 da Benevento e nessuno da Avellino.

“Il che non vuol dire – si specifica nel Reportche in Campania siano più corrotti che altrove: forse ci sono più persone che denunciano, forse sono meno astuti. D’altra parte sappiamo tutti che la camorra, fra le mafie, è quella più appariscente”.

Infine, tra le tipologie di illecito più frequenti – si legge ancora nel Report di Transparency International Italia – dominano i casi di favoritismo e clientelismo (41 su 152), seguiti da frodi e violazioni contabili (34 segnalazioni) e abuso di posizione pubblica (14). I fatti portati all’attenzione dello staff ALAC si riferiscono in gran parte all’ambito pubblico: il 71% delle segnalazioni riguarda un ente pubblico e solo il 26% un soggetto privato.  La sanità si conferma tra i settori più critici con 34 segnalazioni, seguita dalla pubblica amministrazione (24) e dal settore dell’educazione (11), in cui si evidenziano soprattutto casi di assenteismo nelle scuole e di anomalie nelle nomine universitarie.