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Benevento – Un incontro partecipato e formativo che si è tenuto questa sera presso l’aula consiliare della Rocca dei Rettori, organizzato dalle rete “Non una di meno Benevento” per analizzare nel dettaglio, sociologicamente e giuridicamente il decreto legge 735/2018, detto DDL Pillon. Un appuntamento che rientra tra le tappe di avvicinamento dello sciopero globale delle donne proclamato per l’8 marzo e che vedrà anche a Benevento la partenza di un corteo, alle ore 16, da Piazza Orsini.

Il tema odierno, dunque, è il DDL Pillon, un disegno di legge che mira a modificare la legge approvata nel 2006 che ha introdotto il principio per cui, in caso di separazione, l’affidamento dei figli minori sia disposto a favore di entrambi i genitori, salvo i casi in cui questo possa essere dannoso per i bambini.

Lo scopo sarebbe quello di andare “verso una progressiva de-giurisdizionalizzazione per rimettere al centro la famiglia e i genitori soprattutto restituendo in ogni occasione possibile ai genitori il diritto di decidere sul futuro dei loro figli”.

Cominciano così le avvocate Maria Carmela Cicchiello e Giovanna Megna, il loro excursus, fatto di dati, analisi ed esperienze dirette, del decreto molto contestato da avvocati, magistrati, psicologi, sociologi, centri antiviolenza e movimenti femministi ma anche dalle relatrici speciali delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne che il 22 ottobre 2018 hanno inviato una lettera al governo italiano.

Oltre al potenziamento della figura del mediatore familiare con l’istituzione dell’obbligatorietà della mediazione, il decreto confonde la normale conflittualità di coppia con la violenza endofamiliare non considerandola nelle procedure di affido condiviso” .

Spiegano le avvocate: “E’ molto sanzionatorio per le donne, non fa nessun riferimento alla Convenzione di Istanbul sulla violenza di genere, parla di una rieducazione affettiva per una garanzia di bigenitorialità e dell’abolizione dell’addebito della separazione. Un decreto nato dalla spinta delle associazioni dei padri separati e che con una terminologia ammiccante confonde gli stessi uomini che, se malauguratamente dovesse essere approvato, si troverebbero a gestire i figli in un modo che non hanno mai fatto mentre già oggi, quando riescono ad avere provvedimenti positivi, dopo un anno scompaiono”.

Non solo il tema dell’affidamento. Durante l’incontro sono stati snocciolati i dati allarmanti sul lavoro femminile: “L’Italia è al penultimo posto in Europa per l’occupazione femminile, sono tantissime le madri costrette a dimettersi per dover badare ai figli. E’ un patto asimmetrico in cui l’assistenza ai figli è sempre delegata alle madri. Al Sul nel 74% dei casi è la donna ad assistere i figli anche se lavora. Essere madri oggi in Italia significa raggiungere il punto critico delle differenze di genere. Se davvero si volesse puntare a un rapporto equilibrato le donne sarebbero  contente ma non è così. Con questo DDL le donne non potranno più denunciare l’uomo se non dovesse pagare l’assegno di mantenimento, i figli sarebbero danneggiati nell’ottica di una visione adultocentrica che li costringerebbe a stare almeno 12 giorni con il padre. Inoltre, nemmeno con una violenza accertata sarebbe possibile un affido esclusivo che diventerebbe  quasi impossibile”.

E dunque: l’abolizione dell’assegno di mantenimento, l’indennizzo per il genitore che lascia all’altro la casa di proprietà, il maggior ricorso alle diagnosi (scientificamente non provate) di alienazione parentale e i rischi per le vittime di violenza con la legittimazione del fuorviante concetto delle “false denunce per violenza”.

Basterebbe solo una di queste preoccupanti derive ideologiche a fermare l’iter di approvazione di un decreto legge che, con la sua visione misogina e discriminatoria, rischierebbe di mettere in pericolo, oltre al diritto di  autodeterminazione delle donne, anche la salute psicofisica dei minori.