- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

“Lo sai che a Benevento noi vinciamo?”. Mentre cantavano nessuno gli credeva. Quel coro, lanciato dai tifosi granata nel cielo del Tombolato martedì sera, più che un avvertimento sembrava una preghiera agli dèi del calcio. Quelli che hanno spinto la Juve contro l’Atletico, il Tottenham contro l’Ajax, il Liverpool contro il Barcellona. “Ehi voi, da qualche parte dovete pure essere, ora venite a darci una mano”. E figuriamoci se potevano mai voltare le spalle al Cittadella. Incerottato ma vispo, giovane ma audace. Che ha reagito, si è prima difeso e poi ha colpito, incassando i crediti dell’errore difensivo di qualche giorno fa. Zero a uno, palo, zero a due, zero a tre e quasi zero a quattro. I granata hanno vissuto una serata da dominatori per almeno sessanta minuti, arrivando in finale per la prima volta nella loro storia.

Ma siamo sicuri che c’entrino solo gli dèi? No, non può essere così. Perché il calcio è il gioco degli umani, assorbe da loro virtù e peccati, ma non perdona. Ne sa qualcosa Lorenzo Montipò, giusto qualche ora prima convocato da Di Biagio per il pre-ritiro dell’Under 21 in vista degli Europei. Doveva essere per lui una serata magica, si è trasformata in un incubo. La svirgolata nell’azione che ha portato Diaw al gol che ha sbloccato la partita è stata un fulmine a ciel sereno; l’uscita a vuoto immediatamente successiva, quando l’attaccante lo ha saltato agevolmente, il diluvio. Il Benevento si è riscoperto fragile, ha subìto il 2-0 dopo essersi salvato grazie al palo, poi è crollato palesando quei limiti che lo hanno accompagnato per gran parte della stagione.

Quella che a tutti sembrava una frase fatta si è confermata verità. Ai play off nulla di scontato esiste, nemmeno con tre risultati a disposizione. Ed è qui, proprio in questo assunto, che è insito il resoconto della debacle del Vigorito. Bucchi ha provato in tutti i modi, in settimana, a tenere alta l’asticella a livello mediatico scongiurando pericoli dovuti a cali di tensione, ma la sensazione è che i suoi – all’atto pratico – non fossero pronti all’eventualità di trovarsi sotto di due reti, in ‘zona eliminazione’. E dunque di dover reagire, tirare fuori la grinta e il coraggio necessari a ribaltare una situazione complessa nella quale pare essere andato in confusione anche lo stesso allenatore. Orfano di Armenteros ma baciato dalla serata di grazia di Insigne, ha forse fatto l’unica cosa che non avrebbe dovuto: arretrare il raggio d’azione del partenopeo dopo l’intervallo.

L’inserimento di Improta, mai provato nel ruolo di seconda punta in questa stagione, ha rappresentato l’esperimento dal coefficiente di difficoltà più alto dell’intero campionato. In un contesto in cui sarebbero servite certezze, Bucchi ha deciso di affidarsi a qualcosa di nuovo, provato solo in allenamento. Una scelta quantomeno coraggiosa, ma non appagante. Anzi, Coda è sparito dalla sfida, lo stesso Improta è sembrato un pesce fuor d’acqua e Insigne ha perso la verve dei primi 45 minuti. Con la Strega sotto due a zero all’intevallo, dallo scatolone avrebbe potuto tirar fuori qualcosa di già esplorato (Crisetig regista e avanzamento di Viola, o Buonaiuto o Vokic alle spalle di Insigne e Coda) ma si è fidato del suo istinto.

Male le scelte a gara in corso, dunque – Buonaiuto successivamente ha inciso poco, per non parlare di un Asencio completamente fuori fase -, bene l’avvio. Perché non possiamo in alcun modo dimenticare la prima mezz’ora, fatta di assalti, cross, parate di Paleari (due decisive su Insigne e Ricci) e stacchi mancati per un pelo, come l’incornata solo sfiorata da Coda sul traversone di Letizia. Lì sì, l’intercessione divina si è vista. Un gol a quel punto avrebbe cambiato la storia, il copione. E pure la musica, che invece è rimasta uguale. “Lo sai che a Benevento noi vinciamo?”, un coro ripetuto dai tifosi granata goliardicamente anche alla fine, con la sola differenza che stavolta quelli increduli sono loro, una cinquantina. In uno stadio deserto, avvolto dall’umidità e bagnato da una leggerissima pioggia, dal megafono viene fuori una frase a sorpresa. Parole di congedo, rivolte agli steward: “Ciao ragazzi, grazie di tutto. Ci rivediamo l’anno prossimo. Perché mica ci andiamo in serie A…”. Loro potranno almeno provarci, il Benevento no. Beffato da una notte maledetta.

Foto: As Cittadella