Il coro di protesta del centro sinistra sannita impone qualche chiarificazione sul Piano strategico nazionale delle aree interne, passate da 67 a 124, approvato da una Cabina di Regia ritenuta dall’ANCI, nel corso della riunione del 9 aprile scorso, strumento fondamentale nell’assicurare il coordinamento tra i diversi livelli di governo e gli altri enti e soggetti competenti, pubblici e privati.
Si è parlato della “morte delle aree interne” fingendo di non sapere che nel processo di approvazione del Piano sono state coinvolte, in disparte il CENSIS e il CNEL, le Regioni, i Comuni, le Province, l’ANCI, l’UPI e l’Uncem che, lungi dal fare propaganda politica, hanno fornito il loro contributo con osservazioni e proposte.
Sparare a zero contro il Piano per mere logiche elettorali serve solo a seminare sfiducia e confondere le persone, alimentandone incertezze e disagio.
Il decennio deluchiano ha prodotto troppi danni e disinformazione.
Le politiche delle Aree interne possono costituire l’occasione per spazzare via veri e propri laboratori di potere personale: occorrono risposte adeguate con il rafforzamento delle città medie che devono diventare un motore di sviluppo in grado di offrire servizi e prospettive ai territori circostanti.
Il Piano non è un documento definitivo ed intoccabile, è uno strumento operativo, utile ad avviare un cambiamento concreto.
Ma per cambiare occorre un rinnovato ruolo delle Regioni, delle Province e degli altri enti locali che dovranno garantire, diversamente da quanto avvenuto negli ultimi dieci anni in Regione Campania a trazione deluchiana, un adeguato e strutturato supporto alle aree più fragili.
Dobbiamo costruire una narrazione alternativa al monologo dello sceriffo del golfo, la cui maggioranza politica non è stata in grado di costruire una seria e concreta proposta politica sulla sanità, sulla gestione dei trasporti e delle infrastrutture, sul futuro dei giovani costretti a emigrare, sulla legalità e sulla trasparenza.
Dobbiamo altresì superare la “burocrazia deluchiana” che ha bloccato lo sviluppo delle aree interne, assoggettandolo ad interessi non sempre definiti e decifrabili.
Basta slogan: occorre una visione sul lungo periodo, che rimetta al centro parole dimenticate come merito, diritto, trasparenza, giustizia territoriale e legalità.
Occorre una collaborazione istituzionale ampia e operativa che coinvolga tutti gli attori per dare rapida attuazione al Piano e portare risultati concreti ai territori.
Questa la politica delle aree interne del centro destra.
Il Piano è un punto di partenza, contiene tutte le indicazioni per contrastare lo spopolamento, migliorare la qualità della vita e rendere i territori più attrattivi, in particolare attraverso interventi mirati nel settore sanitario e nei trasporti.
Proprio quei settori dove il governo regionale del centro sinistra ha fallito clamorosamente.
Dovremmo impegnarci a portare soluzioni, non inutili e sterili polemiche di cartello in vista delle elezioni regionali.
Dal governo di centro destra un nuovo approccio, una nuova metodologia, lavorando -per esempio- sull’idea di definire aree interne europee, in collaborazione con paesi come Spagna, Francia e Germania, per ottenere sinergie e risorse nella presente e nella nuova programmazione.
Come giustamente ha ricordato il Ministro Foti, “… Chi non sa leggere il Piano è meglio che lo legga … è un Piano per agire non per certificare la resa …”.
È un momento cruciale per la democrazia regionale.
Non promettiamo miracoli ma un lavoro collettivo dove le difficoltà servono a rafforzare le convinzioni, dove il centro si costruisce dalle periferie, dotate di paesaggio e di un ricco patrimonio storico-artistico ed enogastronomico.
Il centro destra offrirà ai cittadini una reale alternativa contribuendo a un rinnovamento della classe dirigente campana.