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Faicchio (Bn) – Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa dell’architetto Carmine Petraccaro in merito agli interventi di restauro del Ponte Massimo. Scrive Petraccaro:

“Perché non si toglie la capacità di intendere e volere a chi ha progettato e approvato gli interventi di Restauro (si fa per dire) di Ponte Massimo nelle campagne di Faicchio, sul Titerno dove è stata “mortificata” la storia e distrutta l’identità del luogo? Chi ha redatto il progetto probabilmente ha valutato solo quante capre avrebbero dovuto attraversarlo! A parte la tragedia del risultato, che sta sotto gli occhi di tutti, l’intervento ha ignorato non solo che in quel manufatto l’intonaco non c’è mai stato, né tantomeno il tufo e il cemento, ma soprattutto che le pietre con la loro cromia e le inevitabili sconnessioni andavano tutelate e valorizzate e non “rivestite” brutalmente come è stato fatto. E’ stato cancellato il fascino del luogo e delle pietre che al massimo necessitavano di stilatura e/o rigenerazione della calce, garantendo l’attraversamento con passerelle minimali, come se ne trovano tante sparse negli anfratti sperduti del Globo.

Questa barbara esecuzione dimostra di essere più datata del ponte. È una vergogna, malgrado le nostre Università e le Scuole di Specializzazione siano le più accreditate al Mondo, assistere a questi interventi che non hanno nulla a che vedere con il Restauro. Chi ha progettato ha progettato e realizzato l’intervento ha arrecato una offesa irreversibile al Monumento. Il danno arrecato non è più sanabile. Allo stato purtroppo l’unica cosa possibile è chiedere il risarcimento dei danni morali e materiali.

Trovandomi al cospetto di questo assurdo intervento, conservando nella memoria il fascino dell’opera ancora perfettamente utilizzabile benché allo stato di rudere, ho provato vergogna, sconforto e impotenza perché questo si prova difronte all’ignoranza e all’arroganza di chi ha solo voglia di essere autoreferenziale disprezzando il valore aggiunto alla storia, dato dalla cromia e dal fascino dei materiali antichi sapientemente utilizzati.
Chi ha redatto il progetto ha pensato di essere il “capomastro” romano che ha diretto la costruzione del ponte. La voglia di strafare gli ha impedito però di fare i necessari approfondimenti storici, le valutazioni ambientali e architettoniche oltre che la scelta dei materiali che per questo tipo di interventi non può andare oltre le piccole integrazioni strettamente necessarie alla sua conservazione, fatte con materiali naturali e scrupolosamente a vista.

Quanti hanno operato, hanno dimostrato non solo di non conoscere la storia, ma di essere completamente a digiuno della filosofia che sta alla base di un intervento di Restauro e dell’evoluzione che questo tema ha avuto a partire dal 1700 ad oggi. Basta visitare le zone archeologiche per rendersi conto che il Restauro è nato millenni fa ed è diventato scientifico solo più tardi. Chi ha operato non si è preoccupato neppure di guardarsi intorno per vedere cosa succede in altre realtà Italiane, Europee e Mondiali con professionisti e imprese formate soprattutto in Italia. Gli interventi che si possono vedere in giro sono diventati dei punti di riferimento, migliorano il paesaggio e conservano l’identità del luogo in quanto sono in grado di raccontarne la storia come un libro aperto.

Sono anche ad interrogarmi sul ruolo della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Artistici e Storici e se, oltre a limitarsi ad approvare il “progetto”, abbia svolto o meno il ruolo che le compete di alta sorveglianza. Una cosa è certa, in questo modo non si va da nessuna parte. Non stiamo parlando di una struttura nuova, dove le scelte personali e “autoreferenziali”, a volte discutibili, possono anche essere condivise, ma di qualcosa di molto più importante: di qualcosa che fino a qualche anno fa aveva la “forza” di rappresentare l’identità di un popolo e che oggi non può più raccontare nulla se non portare il peso di scelte scellerate che lo hanno zittito per sempre.

Purtroppo bisogna prendere atto anche della poca presenza del Governo del Territorio. E’ mancata la capacità di saper cogliere negli “anfratti” inaspettati della natura non solo un luogo ma l’atmosfera, le persone, e gli antefatti rappresentativi delle architetture e tanto altro ancora capace di arricchire e nutrire la nostra memoria se osservato e conservato. Ancora una volta ci viene in aiuto Giovan Battista Vico, il quale sosteneva che “L’uomo può conoscere fino in fondo soltanto ciò che egli stesso ha prodotto: si sa ciò che si fa…..”.

Detto questo, appare evidente che, considerato l’immenso Patrimonio Culturale che troviamo ad ogni angolo di strada, dovremmo essere i primi a conoscerlo e tutelarlo.
È sempre un problema di conoscenza. Chi ha operato non si è reso conto che stava mettendo gli occhi e le mani su di un Bene Culturale di inestimabile valore e per questo lo ha ignorato e non ha accettato alcun confronto né dialogo: ha operato solo per eseguire degli interventi perché finanziati. Si è posto di fronte ad un Monumento che rappresentava l’identità del luogo e di un popolo, senza conoscerlo e per questo senza obiettivi e contezza sul da farsi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ha dimostrato, anche con i rivestimenti eseguiti, non solo il totale disprezzo per il Monumento ma anche di non essere a conoscenza delle Teorie e delle Carte del Restauro dei Monumenti, oltre che delle più elementari norme della Tecnica delle Costruzioni, del comportamento dei materiali e della loro durabilità che dovrebbero far parte del bagaglio fondamentale di qualsiasi Tecnico che si occupi di questo tema e soprattutto ha dimostrato di non aver sensibilità adeguata per occuparsi di Restauro. La ricerca del nuovo non ha nulla a che vedere con il Restauro, annulla la Bellezza acquisita non solo per la qualità architettonica, ma anche per la cromia e la patina del tempo.

In questi manufatti si trova la nostra Storia pietrificata. Il nostro Patrimonio Antico non diventa mai vecchio. Ad invecchiarlo sono le idee che guidano interventi inadeguati.
Non si comprende la volontà di “rifunzionalizzare” (perché questo non è Restauro), opere a cui la Storia ha assegnato un ruolo diverso, quello di rappresentare e raccontare la storia con il fascino del rudere. Questi monumenti vanno osservati, studiati, tutelati per goderne noi e poterne ancora meglio garantire la fruibilità ai Posteri”.