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Napoli è Campione d’Italia. Una vittoria che ha portato festeggiamenti e gioia nelle strade di molte città italiane e non solo, ma non a Benevento. Il capoluogo sannita – differentemente dalla sua provincia – ha scelto di rimanere in silenzio. Non per indifferenza, ma per rispetto. Un rispetto che nasce dal dolore di una tragedia che ha colpito una famiglia e una intera comunità.
Mercoledì scorso Benevento ha pianto la perdita di un giovane, vittima di un tragico incidente stradale. Il suo amico, che era con lui sul motorino, è rimasto gravemente ferito e lotta ancora per la vita in ospedale.
Un grande striscione è stato esposto in Piazza Risorgimento dagli amici e tifosi della Curva Sud della Strega: “Più rispetto, meno rumore. Non festeggiate sul nostro dolore”. Un messaggio semplice ma profondo, che esprime la necessità di un momento di silenzio, un invito a contenere l’esuberanza, a non sovrapporre la felicità per una vittoria calcistica a un lutto che nessuno di noi può davvero comprendere senza viverlo.
E la risposta della città è stata eloquente e piena di dignità. Peccato che la decisione di un nutrito gruppo di ragazzi, amici della vittima, di scendere in piazza con l’intento di interrompere i festeggiamenti non sia stata, a mio avviso, la reazione più appropriata. Certo, il dolore è potente e può far emergere una rabbia che ha bisogno di sfogo, ma il gesto di voler fermare una manifestazione di felicità collettiva con toni rissosi e aggressivi non può essere accettato come un modo per onorare la memoria del giovane scomparso. Un atteggiamento che è stato ancor più evidente quando non ci è stato consentito di documentare ciò che stava accadendo con foto e video
Se il rispetto è la base di ogni azione, non si può non riconoscere che il modo in cui viene richiesto è altrettanto fondamentale.

Il silenzio che Benevento ha scelto di adottare non è stato imposto da un provvedimento ufficiale, né da un obbligo morale collettivo. Non c’era un lutto cittadino che vietava i festeggiamenti, né alcun intento da parte dei tifosi del Napoli di mancare di rispetto alla memoria del giovane. Molti dei tifosi che si sono trovati a sfilare con le bandiere e a suonare i clacson in strada probabilmente non erano nemmeno consapevoli della tragedia che aveva appena scosso la città. Era legittimo per loro voler festeggiare. Come allo stesso tempo è altrettanto legittimo che qualcuno scelga di non farlo.

Credo che il silenzio debba nascere dal cuore, dalle coscienze di ognuno. Deve essere una decisione spontanea, non forzata, una manifestazione di rispetto che viene da dentro e non un’imposizione. È la coscienza individuale che deve condurre ognuno di noi a comprendere che, a volte, la festa può aspettare, che un sorriso può essere rinviato, che la gioia di un trofeo può essere messa da parte per un istante, che una bandiera può essere abbassata per far spazio al silenzio.
Un silenzio volontario, non imposto. E nel rispetto reciproco non c’è posto per l’aggressività, non c’è spazio per la sopraffazione. E per quanto il dolore possa essere insostenibile, manifestarlo in modo rissoso e provocatorio non è mai la risposta giusta.