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Perugia – A un certo punto è sembrato di tornare indietro di due anni. E’ successo nel secondo tempo, quando Viola ha preso il pallone e lo ha posizionato nei pressi della bandierina, a pochi passi dal settore ospiti del Renato Curi. Una delle ultime volte che lo aveva fatto sappiamo tutti come è andata a finire. Di quel giorno ricordiamo i suoni, i rumori, il frastuono. E in tanti, chi era lì, in quel settore, o comunque allo stadio, anche il viaggio di ritorno. 

Stavolta a raccogliere il sinistro disegnato al centro non c’era Puscas ma Caldirola. E per poco, questione di centimetri, non è finita allo stesso modo. Per il difensore brianzolo un gol sarebbe valso la doppietta. Troppa grazia, forse, ma in fondo può andar già benissimo così, soprattutto se il risultato è già sul tre a due e il grosso lo avevi fatto già prima, rimettendo in sesto una partita che stava già scappando via in maniera rocambolesca. Dettagli, situazioni e immagini tirate fuori dal calderone di un Perugia-Benevento che di spunti ne ha offerti talmente tanti da destare imbarazzo nel classificarli.

Nuovo abito – Da qualcosa, comunque, dovevamo pur partire. Abbiamo scelto un’immagine-simbolo che non è certo la più influente dal punto di vista del risultato ma restituisce il senso di ciò che è il calcio beneventano dei tempi moderni. Di cosa può darti e cosa può toglierti. Cristian Bucchi, quel 30 maggio 2017, era dall’altra parte della staccionata. Affranto, deluso, disilluso. Oggi giosce per un Benevento ritrovato, per una squadra che è in grado di rivoltare come un calzino a suo piacimento con effetti collaterali non sempre prevedibili. Rispedito in soffitta il progetto di solidità che ha contraddistinto la stagione invernale, ecco rispolverato il vestito per i mesi caldi. Più leggero e decisamente più provocante. “Non è più tempo di speculare, dobbiamo provare a vincere in tutti i modi prendendoci anche qualche rischio”, ha dichiarato lui stesso a caldo in sala stampa. E il Benevento, pur mostrando lacune evidenti, sembra davvero essere molto più simile a quello di inizio campionato. Non a caso quattro gol li aveva segnati solo contro la Salernitana al Vigorito, in una delle gare simbolo della prima parte di stagione. 

Intesa – Dopo il turno infrasettimanale con il Carpi avevamo posto l’accento sull’inserimento di una punta di peso al fianco di Coda. Pur senza strafare, Armenteros si è rivelato efficace anche al Curi nel far salire la squadra e nello svolgimento di un compito occulto. E’ grazie a lui che la punta di Cava de’ Tirreni trova maggiore dialogo con il trequartista, riuscendo finalmente a sfruttare quelle ripartenze che sono spesso risultate un problema per la Strega. L’azione del terzo gol è da manuale: lancio lungo calibrato al millimetro dello svedese per Coda, che allarga per Ricci e riceve successivamente la palla in posizione ottimale per la battuta a rete. E’ il gol che spacca definitivamente in due la partita, che cambia il canovaccio e l’inerzia poco prima dell’intervallo. 

Il killer  Prima di quella splendida azione era successo l’impossibile. Anzi, se qualcuno è in grado di dirci cosa non era successo ci fa un favore. Probabilmente alla prima frazione di gioco è mancata solo un’espulsione, altrimenti sarebbe stata completa di ogni cosa. Cinque gol, un rigore, diversi errori e occasioni sciupate, capovolgimenti di fronte improvvisi. Chi ha assistito allo spettacolo non si è certo annoiato, ma è stato onestamente difficile star dietro a tutto, specialmente allargando la forbice all’intero match, aperto e chiuso da due calci di rigore firmati da Nicolas Viola. Per lui sono quattro centri dal dischetto in tre gare, con conseguenti sberleffi alla maledizione che aveva colpito Massimo Coda. L’attaccante, dopotutto, trova sempre – o quasi – il modo di segnare. E lo ha fatto anche ieri come era già accaduto ad Ascoli. I gol personali per ‘hispanico’, prezioso anche negli appoggi, sono adesso quindici in campionato. Non pochissimi. 

Lacune – Ma è davvero tutto oro quello che luccica? Risposta impulsiva: “Ma sì, dai…”. Risposta logica: “No”. Non può esserlo se nel finale concedi almeno quattro nitide palle gol agli avversari, se patisci le incursioni sulle corsie esterne collezionando cartellini gialli, se incassi il settimo gol su calcio piazzato in sei gare (contando anche il rigore di Matteo Ricci nella sfida con lo Spezia ndr.) e se al primo tiro in porta avversario, o tutt’al più al secondo, finisci per raccogliere la palla in fondo al sacco. Non ce la sentiamo, e non ce ne voglia Bucchi, di promuovere a pieni voti un Improta in versione terzino. Il Perugia, così come il Carpi, ha insistito proprio dalle sue parti per far male, riuscendoci nel primo tempo e (quasi) nel finale. Osare sì, ma con equilibrio. Se il Benevento riuscirà a raggiungere un compromesso tra l’ermetismo del periodo invernale e la praticità del suo ultimo calcio offensivo, avrà trovato il sacro Graal. Si potrebbe cominciare con limitare i danni sulle palle inattive. Sarebbe già un grande punto di partenza. 

Foto: Ac Perugia