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Lo sport è, per definizione, un linguaggio universale: corre oltre le barriere sociali, culturali ed economiche, e diventa occasione di incontro, crescita e condivisione. È per questo che eventi podistici, soprattutto se ospitati in contesti storici e paesaggistici di pregio come Benevento, dovrebbero rappresentare un momento di festa popolare, capace di coinvolgere l’intera comunità.

Eppure, la prossima gara “Xcorrere la Storia”, in programma il 20 settembre 2025 e organizzata dall’ASD Podismo Benevento, lascia più di un interrogativo aperto. L’iniziativa, presentata come una “gara podistica nazionale di 5 km”, è infatti riservata a una élite di atleti invitati. Una scelta che contrasta apertamente con la retorica inclusiva che normalmente accompagna lo sport, e che rischia di trasformare un’occasione potenzialmente collettiva in un evento per pochi.

Non si tratta solo di una questione tecnica o regolamentare: è piuttosto una questione simbolica. La corsa, lo sport più semplice e accessibile che esista, si trasforma in competizione esclusiva, negando a tanti appassionati l’opportunità di partecipare, anche solo in maniera amatoriale. Una contraddizione difficile da ignorare, soprattutto perché la manifestazione si svolge sotto il patrocinio di enti pubblici e con il sostegno, diretto o indiretto, di risorse che appartengono alla collettività.

Ed è qui che emerge una certa ipocrisia di fondo. Da un lato, lo sport viene celebrato come strumento di benessere, partecipazione e socialità; dall’altro, si finanziano anche con contributi pubblici format che puntano sull’esclusività, sottraendo alla comunità la dimensione popolare che rende lo sport davvero universale.

Non si tratta di negare il valore di una competizione agonistica di alto livello, né di sminuire gli sforzi degli organizzatori. Ma una domanda sorge spontanea: che senso ha escludere il tessuto cittadino da un evento che, almeno sulla carta, dovrebbe unire la città e i suoi abitanti intorno alla corsa e alla memoria storica del luogo?

Forse la risposta è nel modello stesso di promozione sportiva che, troppo spesso, preferisce la vetrina alla sostanza, il prestigio all’inclusione. Il rischio, però, è che “Xcorrere la Storia” finisca per raccontare una storia diversa da quella promessa: una storia di sport che, invece di unire, divide.