- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Felice Gimondi è stato uno dei campioni più amati in assoluto nella storia sportiva italiana. Negli anni sessanta e settanta, le sue imprese hanno accompagnato la rinascita di un Paese che, superate le difficoltà del dopoguerra, cominciava a correre forte, quasi a voler tenere il passo di questo ciclista proveniente da un piccolo paesino del Bergamasco, ai piedi della Val Brembana.

Per giocare e divertirsi, in quegli anni, ai ragazzini bastavano dei tappi di bottiglia. “Io voglio essere Gimondi“. E cominciava la gara. 

Giro, Tour, Vuelta, Campionato del Mondo: il suo palmarès custodisce tutte le competizioni più prestigiose dello sport su due ruote. Trionfava in salita, a cronometro, in volata. Ha vinto tanto, Gimondi. Anzi, ha vinto tutto. E soltanto “il caso” non ha voluto fare di lui il ciclista più vincente della storia, ponendo sulla sua strada un ragazzotto belga capace poi di conquistarsi la fama di Cannibale.

E proprio Eddy Merckx, a pochi giorni dalla morte dello storico rivale, ha voluto ricordare Gimondi con una intervista pubblicata oggi sulle pagine sportive de “Il Mattino”. E confrontandosi con Gian Paolo Porreca, chirurgo napoletano che alla sua passione per il ciclismo ha dedicato libri e articoli, Merckx ha messo in moto la macchina del tempo, impostando come destinazione proprio la nostra Benevento. 

E’ all’ombra della dormiente, infatti, che i due Campioni hanno vissuto una delle loro “serate speciali”.

Ho ancora negli occhi un dopocorsa, una scappatella, dalle parti vostre” – racconta Merckx. “Arrivo del Giro a Benevento. E la sera che io vado nel suo albergo, di fronte al mio, e invece della Coca Cola ci beviamo un whisky insieme alla faccia dei direttori sportivi“.

Un doppio whisky, chiosa Porreca, che resterà per sempre, come il loro binomio Felice&Eddy, un brand unico.