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Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell’economista Luigi Ruscello sul cosiddetto piano periferie alla luce delle dichiarazioni di importanti figure politiche.

È possibile portare all’opinione pubblica il “piano periferie” come esempio di maltrattamento del Mezzogiorno? È una domanda che mi sono posto alla luce delle dichiarazioni di importanti figure politiche.

Premesso che non sono un fan dell’attuale Governo, mi sembra, in primo luogo, che vengano del tutto ignorati i termini legislativi e, poi, quelli effettivi, cioè il numero e l’importo dei finanziamenti che sarebbero stati sottratti al Sud. Dal punto di vista legislativo, si ignora volutamente, per non dire in malafede, che sulla materia è intervenuta la Corte Costituzionale sanzionando l’illegittimità della norma varata dal Governo PD. In breve, la Corte ha salvato i primi 24 finanziamenti e bocciato i rimanenti, salvo che fossero già nati impegni concreti.

Al di là dei più che fondati dubbi sulla effettiva esistenza dei fondi (vedi il frazionamento in un triennio), non riesco a comprendere perché il Sud sia stato penalizzato. A proposito di fondi, giova ricordare l’art. 1 del DPCM 6 dicembre 2016 (GU Serie Generale n. 4 del 05-01-2017) che ai commi 2 e 3 così recita: «2. I progetti dal numero 1 al numero 24 sono finanziati con le risorse di cui all’art. 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Gli ulteriori progetti saranno finanziati con le risorse che saranno successivamente disponibili.»

La graduatoria stilata dal ministero, infatti, si è basata su criteri omogenei e ha premiato i migliori progetti, cioè la qualità. Confesso di non conoscere la natura dei progetti presentati dai 120 Enti, ma nutro forti dubbi sulla loro rispondenza al dettato di legge. Il comma 2, art. 1 “Approvazione e contenuti del bando”, del DPCM 25 maggio 2016 (GU Serie Generale n.127 del 01-06-2016) così recita:

«2. Ai fini del presente decreto e del bando allegato, si considerano periferie le aree urbane caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di servizi.».

Se l’italiano non è diventato multietnico (ma tutto è possibile nell’Italia di oggi), le zone in cui realizzare gli interventi, per essere considerate “periferie”, dovrebbero essere caratterizzate, contemporaneamente, da tutti e tre gli elementi indicati.

Tanto premesso, come al solito, sono andato alla fonte ed ho elaborato i dati della graduatoria così come pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n. 4 del 05-01-2017), ed ho scoperto che, incredibilmente, non vi era stata nessuna penalizzazione per il Sud. Anzi, se tutte le distribuzioni di risorse seguissero le stesse proporzioni, il Mezzogiorno vedrebbe finalmente praticato un criterio di equità mai applicato (vedi la famosa richiesta del 34%).

Infatti, tra i primi 24 Enti finanziati 9 appartengono al Nord, 6 al Centro e 9 al Sud, con una proporzione dunque più che accettabile, considerato che, sul totale di 120, gli Enti del Nord sono 50, quelli del Centro sono 28 e 42 del Mezzogiorno.

Ma il principio di equità non si riferisce solo al numero di Enti, quanto piuttosto alle cifre stanziate, cioè l’elemento più importante. E anche in questo caso non c’è nulla da eccepire perché, per i primi 24 Enti, il totale previsto di 502 milioni vede assegnato il 41% al Nord, il 23% al Centro e il 36% al Mezzogiorno. Per gli altri 96 Enti la situazione è la medesima poiché, su un totale di 1.559 milioni, 640 (41%) sarebbero andati al Nord, 345 (22%) al Centro e 575 (37%) al Sud, come da tabella allegata.

Non mi resta che concludere osservando che i politici (ma anche noi semplici cittadini) si sono talmente abituati a parlare per slogan che non ritengono opportuno il sia pur minimo approfondimento. E da ciò la sempre maggior confusione che regna in Italia.

Sono costretto a dire, dunque, che non è vero che il Governo gialloblu, o gialloverde che dir si voglia, è responsabile del problema, in quanto lo ha ereditato da quello dei cosiddetti “competenti”.

Piuttosto, sempre a proposito di Mezzogiorno, la nobilitade del M5S si parrà nei prossimi mesi, a partire dal 22 ottobre, quando si dovranno predisporre le leggi per l’autonomia rafforzata richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.

A proposito, perché nessuna regione meridionale non ha ancora avanzato una simile richiesta? E su questo interrogativo mi fermo perché necessiterebbe molto più spazio anche per il progetto della Macroregione autonoma del Sud”.