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Benevento – Un sali e scendi di emozioni, fino all’apoteosi del successo finale. Il Rione Libertà ha centrato l’obiettivo promozione aggiudicandosi i play off di Seconda Categoria, nonostante un’annata particolare raccontata dall’ormai ex allenatore Maurizio Pinto. Chiuso il rapporto con la compagine del presidente Bruno Formato, il tecnico beneventano racconta e si racconta in una lunga intervista.

Partiamo dall’addio al Rione Libertà, cosa è successo?

Ci siamo incontrati due, tre volte con Bruno Formato e ci siamo resi conto che non c’erano più le condizioni per continuare. Prima di tutto perché io non avevo più voglia di proseguire al Rione, non avevo più stimoli, e poi perché si sono verificate cose poco piacevoli durante l’anno, all’interno dello spogliatoio. Le avevamo tenute nascoste per raggiungere l’obiettivo (centrato) della promozione ma adesso non c’erano più le condizioni.

Come mai queste condizioni sono venute meno?

Bisognerebbe partire dall’inizio. Avevo deciso di smettere di allenare, poi la scorsa estate qualcuno del vecchio gruppo del Rione mi ha avvicinato e mi ha persuaso a rifare qualcosa tutti insieme. Mi sono lasciato convincere e abbiamo contattato Formato per organizzare la squadra. Quando tutto era pronto, qualcuno che mi aveva convinto si è tirato fuori nonostante ci fossimo seduti a tavola e deciso alcune cose.

Cosa nello specifico?

All’epoca lavoravo a Napoli e avevo difficoltà con alcuni allenamenti, qualcuno si era preso l’impegno di sostituirmi e questo tirarsi fuori ci ha creato dei problemi. Durante l’anno, poi, qualcun altro si è messo di traverso e non c’è stato il giusto spirito all’interno del gruppo. Forse ho sbagliato perché avrei dovuto prendere delle decisioni drastiche, non l’ho fatto per non compromettere la stagione e i problemi ce li siamo trascinati dietro per tutto l’anno.

Come mai la società ha deciso di separarsi da te e non da altri?

Perché io non ho più voglia di stare al Rione. In squadra ci sono tantissimi bravi ragazzi ma qualcosa che è successo all’interno del gruppo non mi è piaciuto. Non stiamo a vedere di chi sono le responsabilità, non ho più gli stimoli giusti.

Hanno provato a farti cambiare idea?

Si è cercato di ricomporre la frattura ma c’è stata una chiusura dall’altra parte. Avevo, come detto, poca voglia e allora ho deciso di tirarmi fuori dal Rione Libertà.

Non hai più voglia di stare al Rione o nell’ambiente calcio?

In questo momento non mi vedo più al Rione, se dovessi trovare una soluzione, indipendentemente dalla categoria, che mi possa dare degli stimoli non avrei problemi.

Ripercorriamo l’ultima annata, culminata comunque con un successo.

Siamo partiti malissimo, colpa anche degli episodi descritti in precedenza. I motivi sono stati diversi: il Meomartini lo abbiamo avuto solo dal 15 settembre in poi, parecchi elementi venivano da un lungo periodo di inattività, si pensi a Castiello, Vessichelli, Fiorile, Fiore, Leva e Patrone, e io ho avuto problemi con gli allenamenti non avendo nessuno che mi sostituiva. Fortunatamente ho convinto Davide D’Onofrio a dirigerli e per questo devo ringrazialo, nonostante fosse inizialmente restio ha svolto un lavoro egregio, portando allenamenti innovativi e facendosi seguire dal gruppo. Devo ringraziare anche Rolando Tascione, ha svolto il ruolo di preparatore dei portieri ed è riuscito a creare la giusta armonia tra gli estremi difensori. Non c’era alcuna rivalità anzi quasi decidevano loro chi andava in campo e raramente mi sono ritrovato a fare scelte tecniche.

Da qui inizia una sorta di nuovo campionato?

Ci siamo ripresi, anche se nello spogliatoio non c’era lo spirito giusto siamo riusciti ad agguantare il primo posto e, in quel momento, abbiamo forse pensato di aver già vinto. Ci siamo rilassati, allenati poco e abbiamo pagato le conseguenze. E’ venuta meno la voglia all’interno del gruppo, stavamo quasi per sfasciarci e invece è arrivata la partita di San Leucio del Sannio.

Cosa è successo?

Siamo usciti sconfitti dal campo soprattutto per colpa dell’arbitro ma, soprattutto, siamo stati accusati di razzismo. Tanti, troppi hanno scritto senza sapere e per sentito dire. Non è vero assolutamente niente, in quella partita è successo che Giorgio Zollo nei primi venti minuti di gioco si è buttato a terra sette, otto volte e mai l’arbitro gli fischiato una punizione a favore. E’ stata detta una parola che nulla aveva a che vedere con la disabilità del ragazzo ma che stava a significare “alzati, non stare sempre a terra”. Purtroppo, e questo mi dispiace perché nel San Leucio del Sannio c’erano tanti amici, hanno strumentalizzato questa parola arrivando forse a spingere il padre a fare quel post per annientare il Rione. Quella, invece, è stata la partita che ci ha dato la spinta per vincere i play off, anche senza parlarci perché i rapporti non erano idilliaci è scattata una molla dentro di noi. Siamo tornati ad allenarci, abbiamo perso a Tufara perché fisicamente ancora non c’eravamo ma nelle settimane successive siamo migliorati e siamo arrivati carichi ai play off. Arrivare secondi e vincere in casa in quel modo è stata forse la cosa più bella, battendo proprio il San Leucio in maniera stupenda con un calcio di rigore al novantesimo. La finale col Molinara è stata senza storia ma è stato il modo più bello per vincere.

Cosa ti rimarrà di bello di questa esperienza?

Di bello i tanti bravi ragazzi che ci sono al Rione, soprattutto quelli che hanno giocato poco accettando le scelte. All’inizio sono stato chiaro, avevamo una quindicina di titolari più un paio di ragazzi che non potevano considerarsi tali. Penso di essere stato impeccabile sulle scelte degli uomini da mandare in campo, ho detto delle cose e sono stato coerente dall’inizio alla fine, anche creandomi inimicizie all’interno dello spogliatoio. Io faccio giocare chi merita di giocare e questo mi ha portato a scontrarmi con chi ha maggiore personalità. Forse la mancanza di stimoli e di voglia non mi ha fatto lavorare come in passato, forse questo aspetto è stato penalizzante ma abbiamo raggiunto lo stesso il risultato.

Cosa non rifaresti?

Potendo tornare indietro non accetterei di allenare il Rione Libertà, facendomi convincere da determinate persone. L’esperienza si era già esaurita in passato e invece mi sono lasciato convincere da chi poi mi ha messo il bastone tra le ruote.

Cosa auguri al Rione Libertà?

Il meglio possibile. Sono stato tre anni con loro, abbiamo vinto insieme a tanti amici. Nell’incontro avuto con Formato e Giameo ho espresso il mio punto di vista e ho fatto qualche nome per il futuro allenatore, spero che uno di questi possa allenare il Rione il prossimo anno.

C’è qualche altro sassolino da togliersi a “bocce ferme”?

Qualcuno diceva che il Rione aveva una rosa per vincere il campionato ed ha fallito, questo non è vero. Tutte le squadre di vertice avevano rose importanti con giocatori di categorie superiori e tutte avevano i loro problemi. I nostri erano quelli di spogliatoio, il Circello ha pagato la pecca dei campi in terra battuta, il Molinara a un certo punto ha avvertito la pressione delle inseguitrici e ha deragliato, rimettendosi in corsa col cambio di allenatore, il San Giorgio del Sannio ha pagato il fatto di non giocare sul proprio campo. Tutte potevano vincere e il Rione ci è riuscito attraverso i play off, nel modo più bello perché gli spareggi ti danno emozioni diverse dal campionato e ne so qualcosa avendone vinti tre. Sicuramente il Rione non ha fallito, lo ha fatto per certi aspetti ma non sul piano sportivo. Si poteva vincere il campionato, è vero, ma siamo comunque saliti per la porta secondaria, a differenza degli altri.

Cosa ti ha dato e tolto il calcio?

L’ho sempre fatto per passione, senza mai prendere un centesimo, rifiutando in passato qualche offerta importante pur di stare con gli amici. Col senno di poi mi sono reso conto che probabilmente nel calcio non c’è amicizia ma solo interessi personali. Ci sono tanti bravi ragazzi, forse non sono stato bravo io a scegliere le persone a cui dare di più. Mi ha tolto tanto, soprattutto economicamente perché ho rifiutato turni supplementari e missioni a lavoro. Ha tolto tempo alla mia famiglia, penso a mia moglie sola a casa e io su un campo di calcio. Alla fine non so se ne è valsa la pena, anche se rifarei tutto nonostante alcune persone alle quali ho dato di più sono quelle che mi hanno dato di meno. Un pizzico di delusione è inevitabile.

Con chi andresti e con chi non andresti a cena?

Andrei con la mia famiglia. Nell’ambito calcistico andrei con tante persone, meno con altre perché non ci sarebbe lo spirito giusto. Con tanti ragazzi ho uno splendido rapporto, molti mi resteranno sempre nel cuore e sanno quanta stima ho di loro. Qualcun altro si è invece messo di traverso ma va bene così.