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Potrebbe essere il 2024 l’anno del ritorno alle “vecchie” province. E’ questa, almeno,  l’indicazione che sembra emergere da palazzo Madama dove è già cominciata la discussione dei disegni di legge (uno promosso dall’esponente di Fdi Marco Silvestroni e presentato anche a firma del sannita Domenico Matera e l’altro dal leghista Massimiliano Romeo, simili e dunque accorpati) che puntano a riproporre l’elezione diretta del Presidente della Provincia e del Consiglio Provinciale. Insomma, una sorta di controriforma della legge Delrio, in vigore dall’aprile del 2014.

Analoghe iniziative, si ricorderà, sono state presentate alla Camera e sottoscritte, tra gli altri, da Francesco Maria Rubano, deputato sannita di Forza Italia.

E’ al Senato, però, che l’iter è più avanti, come dimostra la novità annunciata nei giorni scorsi da Wanda Ferro, sottosegretario (in quota Fratelli d’Italia) al Ministero della Difesa, intervenuta ai lavori della  1ª Commissione Permanente – Affari costituzionali.

Ai senatori, l’esponente del governo Meloni ha riferito “che è al vaglio del Ministero dell’interno e del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, per le rispettive competenze, l’ipotesi di rinviare le prossime elezioni provinciali, a partire da quelle previste per gennaio, in attesa dell’approvazione di una norma che ripristini l’elezione diretta”.

Su sollecitazione del piddino Andrea Giorgis, poi, la Sottosegretaria ha precisato “che si sta valutando di rinviare le elezioni di un anno, affinché ci sia tempo sufficiente per l’entrata in vigore della nuova disciplina”.

E dunque, se le valutazioni in corso al Viminale dovessero realmente concludersi con un rinvio di tutte le elezioni provinciali in programma del 2023, anche la Rocca salterebbe il suo appuntamento elettorale.

Il prossimo autunno, infatti, terminerà il mandato biennale degli attuali consiglieri, eletti nel dicembre del 2021. Possibile – se non probabile -, a questo punto, una proroga di ulteriori dodici mesi, fino alle nuove elezioni, quelle in cui a recarsi ai seggi sarebbero gli oltre 200mila elettori sanniti e non più gli 846 amministratori comunali.

E se è vero che la sovranità appartiene al popolo, sarebbe cosa buona e giusta.