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Benevento – Psr, acronomico per Piano di Sviluppo Rurale ma si legge “papocchio all’italiana”. Proveremo ad essere quanto meno tecnici possibile per far capire quanti errori siano stati commessi dalla Regione Campania nel momento in cui viene aperto un bando, un cofinanziamento, che possa rappresentare un aiuto per gli imprenditori agricoli.

Un percorso lungo sei anni, dal 2014 al 2020, per arrivare alla fine dell’anno e non avere nulla tra le mani, se non debiti per chi è andato comunque avanti oppure distruzione di un sogno per chi ha cercato un aiuto.

Dal momento in cui il bando è diventato operativo, quello relativo al primo insediamento nell’attività da agricoltori e quello relativo al miglioramento di aziende già esistenti, è partita una vera e propria corsa ai fondi e il motivo è abbastanza intuibile: è bastato dire di coprire il 90% delle spese più un contributo da aggiungere di 50mila euro per far luccicare gli occhi a tutti.

E da quel momento in poi è successo di tutto, nel senso che in tanti hanno cominciato a far frullare il cervello per trovare la soluzione migliore per accedere a questi fondi accaparrandosi la quantità più alta possibile.

Ma cosa ha portato a tutto ciò? Anche in questo caso la risposta è abbastanza scontata: le lungaggini. Nel caso del bando relativo al miglioramento di aziende già esistenti, la durata è stata di un anno e nel corso di questo tempo, la Regione ha apportato continue modifiche, integrazioni e accorgimenti. Insomma il raggio è stato allargato, ovvio che in tanti si sono sentiti in dovere di poter partecipare. Nel contempo, se da una parte l’anno di tempo ha permesso a qualcuno di poter rientrare, dall’altra ci sono esclusioni proprio legate al passare del tempo. Un bando del genere dura un paio di mesi, non sette oppure otto. Si gioca tutto su punteggi che vengono assegnati all’azienda e al progetto presentato. Insomma, numeri che possono essere aumentati con artifizi nel vero senso della parola. E per ogni furbo che ci riesce, c’è un imprenditore che ne paga le conseguenze rimanendo escluso pur avendone diritto.

Questa storia è un po’ come il sasso che viene lanciato nello stagno. I cerchi si allargano sempre di più, in questo caso ogni cerchio corrisponde a una responsabilità precisa. La prima come detto, riguarda proprio il bando nella sua costruzione. E’ ovvio che garantire una percentuale così alta fa aumentare l’appetito, così come è ovvio che, con oltre 7mila domande fatte, nel momento in cui quelle accettate devono essere finanziate, ci si troverà di fronte a casse vuote e persone che vorrebbero iniziare a lavorare avendone diritto.

Ma c’è anche un’altra questione ed è legata all’estrema semplicità con la quale si affrontano situazioni del genere e a verifiche mai fatte. Tante persone, odorando l’affare, hanno creato degli escamotage e hanno avuto successo perché qualcuno ha pensato che tutto fosse corretto, ma non è così. Le indiscrezioni sono tante. Aziende nate dal nulla mettendo insieme terreni in piena montagna, incolti, boschi, canneti, sui quali sono state dichiarate, per avere produzioni più consistenti e quindi più soldi, particolari tipi di colture nel tempo strettamente necessario alla presentazione dell’istanza. Trascorsi pochi mesi dalla presentazione della domanda nessuno si è preoccupato di continuare a dichiarare le colture inserite in domanda finendo con lo svelare la reale consistenza aziendale che nella maggior parte dei casi non avrebbe consentito nemmeno la partecipazione al bando.

Se tutto ciò è stato possibile è solo perché in Regione si sono preoccupati di far partire il bando ma non di sollecitare un organo di controllo che potesse girare e valutare la veridicità di ogni singola domanda. Bastava una verifica sul campo, foto dall’alto, cose semplici per capire che qualcuno, con tutta probabilità, ci stava provando. Disattenzione o impreparazione che sia, da parte dei funzionari, non è certo ammissibile. Quando si parla di particelle precedentemente non dichiarate da altre aziende agricole un dubbio deve venire, delle verifiche vanno fatte se si vuole evitare di finanziare finanche chi, ingolosito dal premio, ci ha provato a discapito di chi effettivamente di agricoltura ci campa avendo fatto una scelta di vita.

Il Psr deve rappresentare un aiuto per imprenditori che devono investire dei capitali propri ma fatto in questo modo, con parametri del genere e con una disattenzione che è ai limiti dell’incredibile, servono solo a punire tutte quelle persone oneste che vogliono rischiare il proprio pur di andare avanti. Di fronte a una situazione del genere le strade per gli imprenditori seri sono due: non curarsi dei fondi e indebitarsi pur di andare avanti oppure vedere il proprio sogno frantumarsi al cospetto di chi invece può andare avanti grazie alla propria furbizia.