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Si è seduto al centro della scena imbracciando una chitarra, e ha iniziato a raccontare la sua storia con le note, senza fretta, con quella tale naturalezza che solo chi ama profondamente la musica – e ne ha una infinita esperienza – sa di possedere. Ron, al secolo Rosalino Cellamare, ha così aperto ieri il suo concerto e la nuova stagione dell’Accademia di Santa Sofia.

In un Comunale pienissimo (“Che bello questo teatro, davvero particolare” esordisce il cantautore), accompagnato da musicisti che lo seguivano con uno sguardo attento e complice – Giuseppe Tassoni al piano, Roberto Di Virgilio alle chitarre, Pierpaolo Giandomenico al basso e contrabbasso, e la poliedrica Stefania Tasca, voce, cori e percussioni – Ron ha condotto il pubblico in un viaggio al tempo stesso personale e universale. Ogni brano rappresentava una porta aperta su un ricordo, un’emozione, un pezzo di vita condiviso. 

Il filo rosso della serata è stato il rapporto con Lucio Dalla, amico e maestro. Quando Ron ha eseguito ‘Piazza Grande’, si percepiva l’eco di un giovane artista diciassettenne che suonava per Dalla e che oggi, dopo decenni, continua a portare quel brano in scena con la stessa delicatezza e profondità. Poi ha intonato ‘Il gigante e la bambina’, storia di dolore e violenza, con una voce che sa essere fragile e potente insieme. I brani di Dalla si mescolavano a quelli di Ron, come ‘Cosa sarà’ e ‘Almeno pensami’, creando un ponte tra passato e presente.

Prima di cantare ‘La Pace’ insieme a Tasca, ha ricordato quanto sia urgente essere portatori di valori concreti in un mondo sempre più complicato. Ha raccontato anche la genesi di ‘Non abbiam bisogno di parole’, uno dei suoi maggiori successi che però “inizialmente era stato bocciato discograficamente”, e di come ogni concerto lo renda libero di reinventare ogni pezzo, di farlo rivivere ogni sera con intensità nuova.

Il cantautore ha chiuso il live con ‘Vorrei incontrarti fra cent’anni’ e ‘Il dolore per me’ tra gli applausi del pubblico.
Una performance che non è stata solo una mera esibizione, ma che si è fatta racconto, memoria e promessa nella consapevolezza che la musica può ancora unire, emozionare, lanciare messaggi importanti e ricordare chi siamo e chi possiamo diventare.