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San Lorenzo Maggiore (Bn) – L’espressione della fede è variegata e la Pasqua è la piena rappresentazione di questo concetto. La gioia della Resurrezione di Cristo è quella che pervade nell’animo dei più fervidi credenti. Ma prima di arrivare a questo, c’è da passare attraverso un’altra sensazione, ben diversa, opposta, potente: il dolore. Perché per arrivare alla resurrezione serve passare per la Passione di Cristo.

Un percorso di sofferenza fatto dal Signore prima di arrivare alla nuova nascita. Da anni, secoli, a San Lorenzo Maggiore hanno deciso che questo evento doveva essere vissuto in maniera unica, incredibile. La cerimonia dei flagellanti è un carico di sensazioni che parte da anni or sono e nel tempo si è sviluppata.

E nel tempo sono cambiate anche le abitudini dei semplici partecipanti, dei fedeli e dei flagellanti. Cambiate le usanze e gli strumenti. Cambiato il modo di vivere la propria fede. Prima era importante creare il frastuono. Ora ciò che conta è il silenzio. Si sente il rumore della disciplina sulla schiena, una preghiera che assume i contorni della nenia e i canti. Perché è il coro che dà il ritmo. Un coro fatto di giovani che non hanno timore di ciò che vedono, ma partecipano attivamente.

Al di là delle figure religiose della Madonna e del Cristo, il protagonista è anche chi ha deciso, nel pieno anonimato, di voler vivere, non solo nell’anima, ma anche sulla propria pelle la passione: il flagellante. Una figura sinistra, silenziosa. Uomini, donne, grandi e piccoli che, per vocazione, decidono di vivere e rappresentare il dolore. Un evento da vivere, nel quale, con tutta probabilità non è il sangue a fare effetto. Nella testa rimane il suono delle lamelle in ferro sulle ossa. E se a uno di loro chiedi se sia più grande il dolore o la fede, la risposta è fin troppo scontata.