- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

Il tema dell’immigrazione è oramai divenuto principale nell’agenda politica italiana ed europea. I flussi migratori, “l’invasione” dei clandestini, il sistema di accoglienza: tutte parole con cui gran parte della popolazione italiana si trova a opinare e discutere in maniera continua da qualche anno.

D’altro canto il nostro Paese vive anche il percorso opposto. Parliamo dell’emigrazione forzata e degli italiani residenti all’estero. All’1 gennaio 2017 gli italiani residenti al di fuori dei confini nazionali e iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) sono 4.973.942, l’8,2% degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data. La “popolazione AIRE” è cresciuta, in un anno, di 162.779 unità. Emigrazione economica che coinvolge naturalmente anche la Regione Campania ( 8.074 partenze secondo il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, 3.457 femmine e 4.617 maschi) e la provincia di Benevento che va a braccetto con il fenomeno dello spopolamento dei piccoli borghi.

Sempre secondo i dati forniti dalla Fondazione Migrantes sono 6 i piccoli comuni campani inseriti nella classifica dei primi 50 centri da cui provengono i cittadini iscritti all’anagrafe dei residenti all’estero. Due della provincia di Salerno: Castelnuovo di Conza e Santomenna, due della provincia di Avellino: Conza della Campania e Cairano, Gallo Matese in provincia di Caserta e Castelvetere in Val Fortore nella provincia di Benevento. Dal Comune fortorino sono ben 1.857 le persone partite in cerca di fortuna, e solo 1.168 i residenti attuali.

Tra le mete considerate più appetibili dagli italiani per l’espatrio, nel 2015, si registrano il Regno Unito, la Germania, la Svizzera, la Francia, gli Stati Uniti d’America e la Spagna, paesi che assorbono, nel complesso, il 65% del totale delle cancellazioni di italiani per l’estero (66.664 su 102.259 in termini assoluti). Oltre alla conferma delle destinazioni più tradizionali e di quelle più recenti, ma che da qualche anno sono annoverate nella graduatoria delle prime venti destinazioni, come Cina e Romania, emerge anche una nuova propensione a migrare verso gli Emirati Arabi Uniti, con un aumento, degli italiani emigrati negli ultimi due anni di circa il 20%. Dei sette emirati i principali punti d’approdo sono Abu Dhabi e Dubai.

Gli italiani emigrati negli Emirati Arabi Uniti sono in prevalenza uomini, provenienti per il 18% dal Mezzogiorno.

A differenza  di  altre  regioni  del  centro-sud,  la  Campania  ha  vissuto  in  maniera  rilevante  entrambe  le  grandi  fasi  migratorie  della  diaspora italiana: quella tra il XIX e il XX secolo, diretta soprattutto oltreoceano, e quella fordista, dal Secondo dopoguerra fino alla metà degli anni Settanta.

A queste va aggiunta una terza fase, grosso modo a partire dalla seconda metà  degli  anni  Novanta  e  attualmente  in  corso.  Le  classi  dirigenti  della neonata  Repubblica,  in  linea  con  le  gestioni  del  passato,  tentarono  con  alterne  fortune  di  mettere  in  atto,  implementandolo,  lo  stesso  sistema posto  in  essere  in  età  liberale:  investire  nelle  strutture  dell’emigrazione. 

Dopo  i  porti  toccò  alle  stazioni  e,  dal  1948,  ai  Centri  Emigrazione.  Di questi  ultimi,  quello  di  Napoli,  insieme  a  quello  di  Genova  e  Milano,  fu  uno  dei  più  importanti  e  ospitava  alcune  delegazioni  dei  paesi  con  i quali  l’Italia  aveva  sottoscritto  accordi  di  reclutamento  e  doveva  servire a   gestire   l’emigrazione   verso   vecchi   e   nuovi   sbocchi   transoceanici.  

Questa  emigrazione  si  esaurì  in  pochi  anni,  lasciando  il  campo  al  flusso  verso  l’Europa  continentale.  Nell’ultimo  decennio  (2007-2016)  il  bilancio migratorio  della  regione  Campania  purtroppo  conferma  e  certifica  una nuova e consistente mobilitazione: al Censimento del 1951 l’età media della popolazione  italiana  era  di  circa  30  anni,  con  una  struttura  demografica  simile all’Albania, Tunisia o Turchia di oggi. Al contrario, l’Italia attuale ha una struttura demografica che supera per invecchiamento il Giappone e la Germania e la provincia di Avellino, insieme a quella di Benevento, è tra le più anziane della Regione Campania e al di sopra della media nazionale. Se l’indice di vecchiaia in Italia è pari al 161,4% (117% in Campania), in Irpinia raggiunge il 164,2%. D’altronde, se un comune medio irpino (circa duemila abitanti) perde 25-30 residenti l’anno, i comuni al di sotto dei mille, tra il 2030 e il 2065 sono destinati, inesorabilmente, a divenire polvere. Questi dati  sono  indubbiamente  indicatori  demografici,  ma  nella  sostanza  sono la rappresentazione  di  una  difficoltà  strutturale che  ha  radici ben più profonde e lontane.

LEGGI QUI IL RAPPORTO COMPLETO