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Benevento – “Chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati”. Tutte, o comunque la maggior parte delle persone, di sicuro conoscono il significato di questa massima o l’hanno usata almeno una volta nella vita. E mai come in questo momento torna in mente se si pensa allo sciame sismico che sta attraversando il territorio sannita in questi giorni. Al netto della paura, che è un sentimento molto personale, conviene fare una riflessione su ciò che accade immediatamente dopo l’aver avvertito una scossa in maniera sensibile. Scatta il fuggi fuggi generale, ma soprattutto ci si organizza per andare a riprendere i figli a scuola e portarli a casa, luogo che nella testa dei genitori dovrebbe essere più sicuro dell’istituto. Ecco, il problema è proprio questo: una serie di azioni che vengono fatte dopo un certo tipo di evento.

Che il Sannio sia una terra geologicamente predisposta a questo tipo di manifestazioni è cosa risaputa e non da oggi. Che le scuole beneventane abbiano delle criticità dal punto di vista sismico è ancor più vero. Il controllo strutturale è cosa ovvia, visto che è importante andare a valutare se ci siano stati danni e di quale entità. Ben venga, allora, la chiusura della scuola. Il fatto che le mamme, subito dopo una scossa, corrano a riprendersi i figli, al di là della paura, deve però far riflettere.

Una scuola, proprio per la sua funzione, dovrebbe rappresentare il posto più sicuro per un genitore perchè soggetto a controlli strutturali, perchè in possesso di requisiti di sicurezza in caso di sisma e perchè ci sono tutti i protocolli necessari per affrontare questo tipo di problema (si fanno corsi e prove in situazioni di emergenza). Eppure, nonostante questo, a Benevento ciò non accade e il problema è uno solo: le scuole non sono sicure, sono vecchie e non rispettano pienamente i requisiti.

Ecco perchè viene spontaneo chiedersi quale sia il senso della chiusura per uno, due o tre giorni: l’istituto resta insicuro sempre se non vengono eseguiti gli interventi necessari, considerando che il terremoto “non avvisa” del suo arrivo. Soluzione più banale, ma pare non pensarci nessuno, sarebbe quella di prevenire, valutare gli istituti con esperti e, se è il caso, lavorare chiudendo (allora si) le scuole. Con la vita in generale non si scherza, con quella dei figli ancora di più. Se c’è bisogno di chiudere un istituto per tanto tempo, abbatterlo o rifarlo, che si faccia, o almeno si prenda in considerazione l’idea di farlo, sfruttando anche i fondi extra stanziati proprio ieri dalla Regione per fronteggiare il deficit funzionale e garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività didattiche.

Paradossalmente, ed è una provocazione, i bambini bisognerebbe portarli dentro una scuola in caso di terremoto proprio perchè quello dovrebbe essere il luogo con i criteri di sicurezza più alti. Se ciò non accade è perchè le scuole beneventane sono vecchie e rattoppate e nonostante questo, però, la soluzione sembrerebbe essere quella di chiuderle per un paio di giorni, effettuare le verifiche e riaprirle. Come se bastasse questo a sistemarle e non ci fosse la necessità di operare interventi definitivi, anche se a costo di impiegare un lasso di tempo maggiore.