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Associazione a delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato, reati tributari, riciclaggio e autoriciclaggio: sono questi i reati contestati a dieci persone del Beneventano. Questa mattina, all’alba, il blitz della Guardia di Finanza (leggi qui) che ha dato esecuzione all’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari all’esito di un’indagine coordinata dalla procura della Repubblica.

I dettagli dell’operazione sono stati illustrati pochi minuti fa nel corso di una conferenza stampa in Procura.

E dal racconto degli inquirenti è emerso che erano centinaia le persone coinvolte in un sistema criminoso particolarmente sofisticato. All’apice della struttura, diciassette aziende fittizie, mai realmente operative, facenti tutte riferimento al medesimo sodalizio, riconducibile a dieci persone (cinque agli arresti domiciliari e cinque con obbligo di firma, con un promotore che dirigeva il tutto con scaltrezza e attenzione.

Un sistema che viveva della complicità di professionisti, come consulenti del lavoro e amministratori-prestanome, e di centinaia di ‘finti lavoratori’: uomini e donne (molti familiari, amici, amici di amici) che accettavano finte assunzioni per poi farsi licenziare e incassare una parte (solitamente non superiore al 20%) dell’indennità di disoccupazione.

E questo è solo un segmento del meccanismo illecito. Altri introiti (per una cifra complessiva di 3,7 milioni di euro) provenivano dalle posizioni creditorie conseguite nei confronti dell’erario, posizioni monetizzate – grazie anche a conti aperti a Malta e in Lussemburgo – con i rimborsi Iva e con le ritenute previdenziali e assistenziali.

Ad aggravare ulteriormente il quadro, il dato – agghiacciante – della fuga di notizie. Dato stigmatizzato con veemenza dal procuratore Aldo Policastro: “L’organizzazione aveva dei legami istituzionali. Possiamo dirlo perché avevano contezza dell’indagine in corso e anche del fatto che le loro conversazioni venivano intercettate telefonicamente e registrate grazie all’utilizzo delle cimici. In pratica, erano a conoscenza dei nostri movimenti e questo ha determinato un depotenziamento delle indagini. Ovviamente, siamo al lavoro per individuare i responsabili di questo ulteriore comportamento criminoso”.

Nonostante l’azione di ‘sabotaggio’, le indagini – ha poi spiegato il comandante del comando provinciale della Guardia di Finanza di Benevento Mario Intelisano – sono riuscite a determinare dei risultati – e dunque le misure cautelari e l’aggressione al patrimonio – in tempi brevi.

Le attività investigative – ha raccontato il capitano della Guardia di Finanza di Benevento Carlo Iannuzzosono cominciate nel 2018. All’esito di un controllo sul lavoro sommerso, veniva infatti accertata che una delle società, poi rivelatasi fittizia, non era affatto operativa nonostante avesse dei dipendenti iscritti all’Inps. Convocati i dipendenti, uno di loro ha poi ammesso che uno dei ‘capi’ dell’associazione lo aveva avvicinato proponendogli la finta assunzione e garantendogli parte della disoccupazione che gli sarebbe spettata dopo il licenziamento”.

Scavando più a fondo, gli inquirenti hanno loro scoperto che la società commercializzava con un numero limitato di aziende, tutte con gli stessi amministratori, con la stesse sede legale e tutte completamente inattive. Per intenderci: un sistema chiuso di 17 società che interagivano esclusivamente tra di loro. “Non facevano nulla, non registravano alcuna operazione, non avevano beni strumentali”.

Da qui gli interrogatori ai ‘lavoratori’ e le indagini scaturite nel blitz odierno. E proprio di questa mattina è l’ultimo episodio da segnalare. Giunti alla residenza del ‘promotore’, ovvero l’uomo al vertice dell’intera operazione, i militari della Finanza hanno dovuto attendere venti minuti per entrare nella proprietà.

“L’area era videosorvegliata ed erano presenti due pastori tedeschi lasciati liberi. L’uomo ha ritardato così il nostro ingresso, provvedendo nel frattempo ad occultare in un terreno di campagna una valigetta che abbiamo recuperato e che ora analizzeremo”.