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Benevento – La politica dei piccoli passi non paga più. In realtà non ha mai pagato, lo ha fatto fino ad ora soprattutto per demerito altrui. Il Benevento scopre di avere il “braccino“, rischiando seriamente di dilapidare il vantaggio acquisito nel girone di andata. Il cambio di passo da parte di una squadra frenata dalle paure e dalle proprie insicurezze è evidente. Si evince in classifica, ma si palesa anche sul rettangolo di gioco.

Contro il Genoa la Strega ha cercato di fare la voce grossa, si fatta male da sola e poi ha smesso di attaccare, rintanata a difesa dei propri sedici metri sperando in un guizzo propizio che non è arrivato. Un atteggiamento normale se comparato ad errori che amplificano i timori. Una coperta corta: se non osi non vinci, se osi rischi di scoprirti e perdere. Meglio allora salvare la pelle ma a sei giornate dal termine questo atteggiamento rischia di essere pagato a caro prezzo.

Inzaghi non è riuscito a cavalcare l’onda di entusiasmo derivante dal successo contro la Juventus. Quando la sua squadra avrebbe dovuto accelerare, è riuscita invece a raccogliere appena due punti in quattro giornate. Il tecnico piacentino si è portato dietro da Torino esclusivamente il 3-5-2, tornando all’albero di Natale solo a Roma con la Lazio. Ha scelto, insomma, di giocarsela a viso aperto contro l’avversaria peggiore, la più forte.

Se il modulo è relativo, come ci tiene a sottolineare spesso lo stesso SuperPippo, è l’atteggiamento a fare la differenza e la sensazione è che alla Strega venga spesso la sindrome del “braccino“. Rispetto a un girone fa lo scarto negativo è di 6 punti. Nelle prime tredici giornate, Viola e compagni sono passati dai 15 punti conquistati all’andata ai 9 ottenuti nel girone di ritorno ritorno. E’ sceso anche il numero di reti messe a segno (da 15 a 12) e sono saliti i gol incassati (22 contro 26).

Fino ad ora, insomma, il Benevento ha “campato di rendita“, favorito dall’apparente suicidio di massa che si stava materializzando alle proprie spalle. I valori, invece, sono cominciati a venire fuori ma è rimasto comunque un vantaggio di non poco conto: la necessità di lasciarsi alle spalle una sola squadra, considerando Parma e Crotone ormai avviate verso la retrocessione.

Mancano sei giornate alla fine della stagione ed è giunto il momento per i giallorossi di dimostrare di poterci stare in serie A. Serve uno scatto d’orgoglio, serve correre perché i piccoli passi non portano lontano e il fiato sul collo del Cagliari è di colpo diventato pesante ed asfissiante. Tre punti di vantaggio e uno scontro diretto ancora in calendario caratterizzano un finale di stagione che si ipotizzava e sperava più tranquillo. Un destino riassunto in sei turni, per regalarsi un futuro e non ritrovarsi a rimpiangere il passato.