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Benevento – E’ negli ultimi istanti che si decide un rodeo, quando il toro dà fondo alle energie residue per scrollarsi di dosso il peso del cowboy. Poco importa se fin lì l’umano è riuscito a domarlo, basta un attimo e tutto va a rotoli. Se ne è accorto il Benevento, a cui è bastato allentare un po’ la presa per cadere con la schiena a terra dopo una strenua resistenza. Qualcosa di simile era già accaduto tre anni fa, quando il Torino riuscì a centrare persino il successo al Vigorito. Stavolta qualcosa a casa la si riesce comunque a portare, ma il sapore non è poi così diverso da allora. 

E’ così che è finita una partita strana, tanto fisica e particolarmente gradita a lottatori del calibro di Rincon, Hetemaj, Belotti, Glik, Zaza e Lapadula. Non è un caso che nella conta dei migliori in campo a spadroneggiare siano i loro nomi. Contrasti rudi, pochi spazi, accelerazioni improvvise, folate. Non un grande spettacolo sul piano tecnico, ma pop corn assicurati per gli amanti dell’agonismo. Loro, sì, si sono divertiti da matti fino all’ultimo secondo, quando proprio Rincon ha rischiato seriamente di infliggere alla Strega la tremenda mazzata che no, non avrebbe proprio meritato. 

E’ la rivincita di Zaza, condannato all’etichetta del ‘samurai senza gol’, autore di una doppietta che non cambia più di tanto la classifica del Torino ma fa salire la colonnina del morale. E’ il ritorno di Viola, che non giocava una gara di campionato da quasi un anno e va addirittura in gol. E’ la rinascita di Lapadula, o almeno si spera: un rigore procurato e un gol sotto una Sud che sarebbe esplosa, in condizioni normali, vivendo una partita così carica di contenuti sul piano motivazionale. Ma è anche la partita di Dabo, di quell’avventato passaggio in orizzontale a poco più di due minuti dal termine che ha spianato la strada alla rimonta granata. Una follia pagata a caro prezzo. 

Alla vigilia Inzaghi avrebbe probabilmente firmato per il pari. Lo stato di emergenza della rosa, i temuti contraccolpi dovuti al ko di Crotone, il cambio d’allenatore degli avversari. Avvisaglie che spesso somigliano a presagi di sventura. E invece il Benevento ha fatto la partita per cinquanta minuti, ha intimorito l’avversario, sembrava addirittura aver assestato il colpo del ko col ‘bambino delle Ande’. La partita si è decisa lì, alla sua esultanza, quando il Torino ha saputo reagire immediatamente approfittando di una Strega inebriata. La veloce risposta di Zaza ha cambiato l’inerzia, i granata hanno preso coraggio e hanno costruito diverse occasioni che a conti fatti fanno parlare di risultato giusto.

O almeno questo dicono i dati, a cui si fa appello per legittimare una tesi che si ritiene logica. Ma i dati non badano alle situazioni, voltano le spalle alla profondità d’analisi. Inglobano cento minuti in un contenitore, li sintetizzano senza emozioni. Mettono alla stessa voce un fallo tattico e un banale intervento in zona morta, un cartellino speso bene e un giallo per proteste. Dio solo sa quanto sarebbe servito al Benevento spezzare l’azione nei minuti finali. Quell’azione lì, al momento giusto. Un attimo prima che il Toro iniziasse a dimenarsi con foga lasciando alla Strega l’amara illusione di un sogno infranto.