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Benevento – Di campanelli d’allarme il Benevento ne farebbe volentieri a meno, ma la notte del Vigorito ne ha fatto suonare un altro impossibile da sottovalutare. Quella contro il Verona è stata la terza sconfitta casalinga in campionato su otto gare, per una media superiore a un ko ogni tre partite. Per trovare qualcuno che ha fatto peggio bisogna scendere in fondo alla classifica e far visita al Livorno, che in sette apparizioni interne ha collezionato ben quattro ko. Ma quella dei toscani è una stagione diversa rispetto a quanto in sede di mercato i vertici giallorossi avevano pianificato, dunque fa testo fino a un certo punto.

Ciò che fa specie è che il Ciro Vigorito non è più un fattore,  a differenza di due o tre stagioni fa, quando il livello di decibel dell’impianto di via Santa Colomba consentiva paragoni altisonanti – ma anche più che mai opportuni – con tifoserie sudamericane. Quell’atmosfera attualmente non si respira, nonostante il record di abbonamenti e le oltre novemila presenze fisse per match. La media-spettatori continua ad essere alta, sui numeri non si discute (o comunque lo di fa fino a un certo punto), ma la sensazione è che tra questo Benevento e i suoi tifosi non sia ancora scoccata la scintilla, quel qualcosa in più che vada a rinsaldare il legame indissolubile già esistente tra un appassionato e la sua squadra del cuore.

E’ questione di segnali, di momenti e di opportunità. Il Benevento ieri avrebbe potuto sfruttarne una ghiottissima gettando il cuore oltre l’ostacolo in un confronto diretto che, se vinto, avrebbe dato continuità alle tre prestazioni precedenti in cui il carattere aveva fatto la differenza. Ma anche contro il Verona è mancata la magia, quel connubio che – per citare l’esempio più evidente degli ultimi anni – portò tutti a pensare che il gol di Ceravolo al Frosinone lo avessero segnato insieme la ‘Belva’ e la tifoseria. Invece oggi il Vigorito ha quasi le sembianze di uno stadio normale; di un vulcano dormiente che aspetta un cenno dal campo per eruttare come ai vecchi tempi. La speranza è che l’attesa non sia infinita.