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Casapesenna (Ce) – Dal 2001, e per molti anni successivi, circa il 60% dei lavori di somma urgenza nel settore del ciclo integrato delle acque della Regione Campania sarebbero andati a ditte di Casapesenna (Caserta), vicine al clan guidato da Michele Zagaria. Emerge dall’ordinanza di arresto del Gip del tribunale di Napoli Gabriella Bonavolontà, che ha disposto il carcere per sette imprenditori edili di Casapesenna, comune da cui proviene la famiglia Zagaria, ritenuti parte del “cerchio magico” del capoclan dei Casalesi. Con Antonio Fontana, 59 anni, ex sindaco di Casapesenna nonchè imprenditore edile, sono stati arrestati dal Ros dei carabinieri anche i costruttori Costantino Capaldo, Giuseppe Capaldo e Raffaele Capaldo (fratelli rispettivamente di 58, 53 e 65 anni), il 47enne Orlando Fontana e Gennaro Licenza, 61 anni, fratelli dei due imprenditori Giuseppe Fontana e Luciano Licenza, già arrestati e condannati per collusione con il clan; carcere anche per il 58enne Raffaele Galoppo, cognato di Licenza. Nell’indagine odierna, come nella prima trance del 2015 che aveva portato a tredici arresti, compare più volte la figura dell’ex senatore Udeur nonchè ex dirigente regionale fino al 2005 del settore Acque Tommaso Barbato, non indagato in questo segmento d’inchiesta; condannato a sei anni in Appello, la sua condanna è stata annullata il 26 settembre scorso dalla Corte di Cassazione, che ha rinviato ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli. L’indagine conferma l’esistenza del sistema illecito di assegnazione degli appalti in Regione Campania. Determinanti le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, come Massimiliano Caterino, braccio destro di Michele Zagaria, e Francesco Zagaria, imprenditore arrestato nel 2019 che ha poi collaborato con la giustizia; entrambi hanno hanno indicato i nomi dei sette imprenditori come persone legate al boss, degli intoccabili cui non si poteva chiedere la tangente. Luciano Licenza, imprenditore colluso che ha poi collaborato con la Direzione Distrettuale Antimafia, racconta, in un interrogatorio allegato all’ordinanza, che “fino al 2008, in Regione Campania, esisteva un comitato d’affari politico in base al quale il partito Udeur, nelle persone di Tommaso Barbato, Carlo Camilleri e Pasquale Giuditto, nonché degli assessori De Flaviis e Nocera, riusciva di fatto a controllare le modalità di erogazione dei fondi e l’assegnazione dei lavori alle ditte vicine a Barbato, tra cui la mia”. Lo stesso Licenza riferisce che Franco Zagaria avrebbe fatto avere tanti appalti alle aziende del clan, oltre che dalla Regione, anche da altri enti, come l’Istituto autonomo case popolari di Caserta (Iacp), il Consorzio di Bonifica Napoli-Volla, e la Provincia di Caserta ai tempi in cui era presieduta da Sandro De Franciscis, esponente dell’Udeur di Mastella, lo stesso partito di Tommaso Barbato. “Alle elezioni provinciali del 2005 (vinte da De Franciscis, ndr) la famiglia Zagaria – dice Licenza – sostenne massicciamente De Franciscis. Volantini e materiale elettorale venivano distribuiti da esponenti del gruppo Zagaria”. Ancora Caterino, riferendosi ad uno degli imprenditori collusi, Raffaele Capaldo detto “il marchese” (oggi arrestato), racconta che ha avuto un appalto all’ospedale Cardarelli di Napoli, e che riuscì ad evitargli di pagare la tangente ad un esponente del clan del Vomero.