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I pm della Dda di Napoli Maurizio Giordano e Catello Maresca hanno chiesto pene dagli otto ai dodici anni di carcere per i cinque imputati del processo relativo ai lavori di metanizzazione realizzati dalla Cpl Concordia, coop di Modena, in alcuni comuni del Casertano. Il dibattimento è in corso ad Aversa (Caserta) presso il tribunale di Napoli Nord. In particolare i sostituti antimafia hanno chiesto 12 anni per gli imprenditori Claudio Schiavone e Antonio Piccolo, cui viene contestato il reato di associazione mafiosa; 8 anni è la richiesta invece per gli ex manager della Concordia, Roberto Casari, Giuseppe Cinquanta e Giulio Lancia, accusati di concorso esterno in camorra.
Il processo, la cui sentenza potrebbe arrivare nell’udienza del tre ottobre prossimo, è nato dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, ex boss del clan dei Casalesi, catturato dopo una latitanza di quasi 15 anni. Nel giugno 2014, Iovine, detto O’Ninno, poco dopo il suo pentimento, iniziò a raccontare di come i Casalesi erano entrati nel lucroso affare dei lavori di metanizzazione che tra il 1999 e il 2003 erano stati realizzati dalla Cpl nel Casertano, in particolare nei sette comuni a più alto tasso di criminalità mafiosa, come Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Casapesenna, Villa Literno, Frignano, San Marcellino e Villa di Briano.
L’ex primula rossa riferì dell’accordo siglato dal clan con i manager della cooperativa emiliana guidata da Roberto Casari, che quantificava la tangente in base ai metri percorsi dai tubi del gas. “Ho fatto l’accordo di riconoscermi 10 euro al metro, che in totale risultava sui 300 mila euro, 300 e qualcosa, poi sicuramente mi sarò fatto dare qualcosa in più, ma era questo l’accordo che avevamo”, spiegò Iovine nel corso del processo all’ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi (condannato per concorso esterno in camorra). Il collaboratore di giustizia fece anche i nomi degli imprenditori del clan cui erano andati gli appalti, distinguendoli comune per comune, secondo una vera e propria suddivisione territoriale che rispecchiava i rapporti di forza tra le varie famiglie che componevano la “federazione casalese”.
“I lavori a Casal di Principe – raccontò Iovine – l’ha portati avanti Claudio Schiavone con la famiglia Schiavone. Villa Literno è stata affidata sempre a Claudio Schiavone, con riferimento ai Bidognetti. A Casapesenna e Villa di Briano era Antonio Piccolo a fare questa cosa per conto di Michele Zagaria”. Le dichiarazioni di Iovine portarono non solo all’avvio delle indagini della Dda che sono poi sfociate nel processo odierno, ma anche alla realizzazione, nel febbraio 2015, di alcuni scavi da parte dei carabinieri del Noe, che in pieno centro a Casal di Principe, in corso Umberto, scoprirono che le tubature erano state interrate a 30 centimetri di profondità invece che ai 60 previsti dalla normativa, mettendo quindi a rischio la sicurezza della popolazione; gli scavi furono poi realizzati anche nel vicino comune di Casapesenna.