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Il ruolo di nuovo capo del gruppo camorristico dei “Zagaria”, con il capoclan Michele (detto “capa storta”) e il fratello Pasquale (detto “Bin Laden”, la mente finanziaria della cosca, ndr) ormai da anni detenuti in regime 41bis, secondo il ROS e la DDA di Napoli (pm Maurizio Giordano), era nelle mani di Filippo Capaldo, figlio di Beatrice, sorella maggiore dei Zagaria.

Capaldo è stato arrestato questa mattina insieme ad altre sette persone, tra cui fratelli Nicola e Mario Francesco, l’imprenditore dei supermercati Paolo Siciliano e le “contabili” di Capaldo, Michela Di Nuzzo e la madre di quest’ultima, Viola Ianniello, nell’operazione “Scettro”, così denominata per indicare lo scettro di capoclan che Capaldo ha ereditato dallo zio Michele Zagaria.

Un ruolo di vertice che viene sottolineato, tra l’altro, dal fratello, Nicola Capaldo, intercettato mentre parla con la fidanzata: “Mio fratello Filippo è come lo zio Pasquale! – dice Nicola – Filippo mantiene, cioé, tiene un sangue freddo di mantenere, e tanto si ferma quando glielo fa capire a quello che sta sbagliando…“.

Quando Filippo viene arrestato, tutti gli affiliati designano alle redini del clan Nicola, ma lui non si ritiene all’altezza: “Adesso va trovando che io devo prendere in mano la famiglia come ha fatto Filippo! Io non ho il polso di Filippo…perché sono stanco, io voglio stare più tranquillo! Invece Filippo no, Filippo doveva stare sempre a graffiare a terra… per portarci qualcosa a casa“. Lo stesso Nicola, sempre intercettato con la fidanzata, parla del cambio di strategia deciso dallo zio Michele circa le modalità di infiltrazione nel tessuto economico: dai grandi appalti, come la Tav, che portavano problemi di incertezza sui tempi e sui ricavi ed erano costati l’arresto del fratello Pasquale, si passa all’investimento dei guadagni illeciti in settori più “tranquilli” e redditizi, come la grande distribuzione alimentare. “La Tav – dice Nicola Capaldo – è stata una delle opere più grandi d’Italia, Pasquale Zagaria che la faceva, alla fine andarono all’appuntamento e lo arrestarono. Dato che nella società stava pure mio zio Antonio a fare il lavoro, e ci stava pure un altro un altro amico loro di Casapesenna, lo incatastarono e li si fece i primi tre anni di carcere. Per mezzo di questo – ricorda Nicola – lo zio Michele disse allo zio Pasquale (prima dell’arresto per la Tav, ndr): ‘Guagliò, questi lavori grandi lascia stare, non è cosa, questi ci fanno andare sotto al treno’, e imprecò. Le vedeva dieci anni prima le cose. Lo zio Pasquale scappò da Spartacus e lo arrestarono per la Tav. E allora si scassò tutto quanto”.