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Caserta – Quattro noti imprenditori ritenuti vicini al clan dei Casalesi (Schiavone e Zagaria) sono stati arrestati dai carabinieri nell’ambito di un’indagine sulla penetrazione della camorra nel tessuto economico della provincia di Caserta. Notificate anche due misure interdittive, al responsabile protempore dell’ufficio tecnico del Comune di Capua, gravemente indiziato di turbata libertà degli incanti e corruzione, e a un impiegato di banca che era in servizio a Santa Maria Capua Vetere, accusato di avere consentito trasferimenti di denaro contante su conti bancari riconducibili al clan. Sequestrati dalla GdF beni per 15 milioni di euro. Tra i beni sequestrati dalla Guardia di Finanza di Caserta, in collaborazione con il Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma, figura anche il cosiddetto “Palazzo delle Cento Persone” di Capua (Caserta), dove sarebbe dovuta sorgere una Rsa. L’edificio era di proprietà di uno degli indagati, l’imprenditore Domenico Pagano, per il quale il gip di Napoli, su richiesta della Dda, ha disposto il carcere, titolare della società “Immobiliare generale” (anche questa tra i beni sequestrati), ritenuto gravemente indiziato di essere inserito nel Clan dei Casalesi. Per gli inquirenti aveva allacciato, fin dagli anni ’90, rapporti “collusivi” con il capoclan Michele Zagaria e con un altro affiliato di spicco, Giacomo Capoluongo, diventando, sempre secondo la DDA, poi un imprenditore di riferimento per la fazione Schiavone alla quale procurava stabili finanziamenti come quota sui lavori ottenuti grazie all’intervento del clan. I destinatari delle misure cautelari in carcere, emesse dal gip su richiesta della Dda di Napoli, sono Domenico Pagano, ritenuto imprenditore di riferimento della fazione Schiavone del clan dei Casalesi, titolare della “Immobiliare Generale”, che figura tra i beni che gli sono stati sequestrati. Il carcere è stato disposto anche per Domenico Farina, ritenuto gravemente indiziato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, amministratore unico della Prisma Costruzioni S.R.L, società riconducibile al collaboratore di giustizia Francesco Zagaria. La “Prisma” è aggiudicataria di vari appalti pubblici, ottenuti, secondi gli inquirenti, con la connivenza di vari amministratori locali. Le indagini della Guardia di Finanza hanno, invece, interessato il gruppo imprenditoriale casertano riconducibile ai cugini Giuseppe e Francesco Verazzo, rispettivamente di 56 e 61 anni, ritenuti gravemente indiziati per concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Il loro settore di competenza è quello delle costruzioni edili dove, avvalendosi della forza di intimidazione del “Clan dei Casalesi” e grazie alla compiacenza di amministratori locali, sono riusciti ad aggiudicarsi appalti pubblici nel territorio casertano. I due erano assurti al ruolo di portavoce di Nicola Schiavone, figlio del capoclan Francesco, nella zona di Capua, assicurando il sostegno elettorale alle compagini politiche locali legate ad esponenti del Clan. La Guardia di Finanza ha ricostruito il patrimonio economico accumulato negli ultimi 20 anni dagli indagati, anche attraverso i propri nuclei familiari e società a loro riconducibili, consentendo l’adozione di provvedimenti cautelari finalizzati alle ipotesi di confisca previste dalla legislazione antimafia. In particolare, nei confronti dei cugini Verazzo e di Pagano, a conclusione di una minuziosa ricostruzione dei numerosi beni detenuti, posta in essere anche mediante la valorizzazione di segnalazioni di operazioni sospette generate dal sistema di prevenzione antiriciclaggio, sono stati complessivamente sequestrati circa due complessi aziendali e quote societarie per un valore di circa 15 milioni di euro. Tra gli indagati anche Francesco Greco, responsabile protempore dell’ufficio tecnico del Comune di Capua, che ha ricevuto la misura interdittiva per la durata di un anno e quella della presentazione alla polizia giudiziaria; Greco risponde di turbata libertà degli incanti e corruzione. C’è poi Andrea D’Alessandro, impiegato presso un Istituto bancario, all’epoca in servizio presso una filiale bancaria di Santa Maria Capua Vetere, ritenuto gravemente indiziato anche per riciclaggio in quanto avrebbe  consentito trasferimenti di denaro contante su conti bancari riconducibili al sodalizio camorristico.