Ad archiviazione ottenuta dopo sette anni di calvario giudiziario, i responsabili del Centro sociale ex Canapificio di Caserta chiedono di rilanciare il modello di accoglienza costruito, riattivando nel capoluogo della Reggia il Sistema di Accoglienza e Integrazione (Sai).
Il sistema di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo con i suoi strumenti, tra cui corsi di lingua e di formazione lavorativa, favorisce la reale inclusione degli accolti ed è generativo di sviluppo per il territorio anche in termini di lavoro ed integrazione dei servizi sociali.
L‘indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere ipotizzava una presunta truffa proprio sui fondi erogati dal Ministero dell’Interno all’ex Canapificio per gestire il Sai con la rete di Casa Rut e Caritas (allora si chiamava Sprar), truffa non emersa come statuito dal gip e come accertato dalla stessa Procura, che ha sollecitato e ottenuto l’archiviazione.
“Il Comune di Caserta oggi non è più nella rete Sai adulti e minori. Tanto di quanto abbiamo costruito è stato distrutto”, dice Mimma D’Amico, del Centro sociale.
Il Sai, che pure a Caserta era gestito in modo efficiente dall’ex Canapificio, entrò in difficoltà tra il 2018 e il 2019 a causa del fatto che l’inchiesta provocò un rallentamento nel trasferimento dei fondi da parte del Viminale per il Sistema di Accoglienza e inclusione. Inoltre nel febbraio 2019, il Centro Sociale fu messo alle strette quando gli fu sequestrata, per criticità strutturali la storica sede dell’ex Canapificio, immobile usato dal 1999 in virtù di un contratto di comodato d’uso con la Regione – oggi è oggetto di un piano che ne vuole fare un hub per il trasporto pubblico locale – quindi perse la gestione del Sai, con il Comune di Caserta che l’assegnò per il triennio 2021- 2022 ad un raggruppamento di imprese guidato da Esculapio ed Innotec; una scelta rivelatasi errata, visto che la nuova gestione del Sai fu censurata dallo stesso Viminale a fine 2022 per gravi criticità relative alle case dove i migranti venivano ospitati e perché i beneficiari non percepivano quei 2,50 giornalieri di cui avevano diritto. Nel 2023 c’è stata quindi la sospensione del Sai per sei mesi, per dar tempo al Comune di fare un nuovo bando, ma ciò non è avvenuto è così nel febbraio 2024 il Viminale ha revocato la titolarità al Comune di Caserta dei finanziamenti, ponendo fine ad un’esperienza che a Caserta aveva dato “vita nuova” a tanti migranti. Come Sylla Mamadou, il 35enne senegalese che dopo essere stato ospite del Sai nel 2018, quando era gestito proprio dal Centro sociale ex Canapificio, è diventato sarto per un’importante maison ed è poi morto il 26 settembre scorso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dove era stato portato perché aveva aggredito un conoscente e poi i poliziotti intervenuti; sulla sua morte la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha aperto un’indagine per omicidio colposo indagando tre medici (due del carcere e uno del 118), ma la sua esperienza nel Sai dimostra “l’importanza di un’accoglienza reale, in cui gli accolti siano effettivamente conosciuti e riconosciuto dalla comunità locale, che punti a dare opportunità ai migranti, invece dell’attuale politica che li abbandona a sé stessi”. La vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’ex Canapificio è anche l’occasione per “ringraziare – dice Fabio Basile dell’Ex Canapificio – la serietà di una Procura, quella di Santa Maria Capua Vetere, che ha letto le carte e ci ha ascoltato. Una Procura apparsa totalmente indipendente da ogni altro potere, valore, quello dell’indipendenza, che la riforma Nordio sulla separazione delle carriere mette fortemente a rischio”.
Caserta, archiviata l’indagine su fondi migranti
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