- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Aversa (Ce) – “Ho rinunciato a tornare ad Aversa e festeggiare i miei primi 40anni per restare a Milano e affrontare il Covid19, e salvare così la mia famiglia. Restate a casa, questo maledetto e subdolo nemico oscuro che senza gambe e senza braccia corre più forte di noi non deve vincere“. È la testimonianza di Nicola Arena, infermiere aversano che lavora presso l’ospedale di Cernusco sul Naviglio, che da oltre un mese è in trincea con i colleghi e i medici, in un’esperienza terribile, con la continua paura di essere contagiati, anche se si indossano mascherine e tuta. Il primo marzo era il compleanno di Nicola, le valigie erano pronte, “ma la mia coscienza e il mio cuore – racconta – mi hanno detto di non partire e restare a Milano. E’ la scelta più giusta che abbia fatto, anche se tutto è cambiato. Ho visto riorganizzare totalmente un ospedale, non ci sono più medici e infermieri di un reparto, ma siamo tutti colleghi di un unico ospedale e dello stesso reparto chiamato covid19“. L’incubo peggiore, cui non ci si abitua mai, è il terrore negli occhi dei malati. “Ho visto il terrore e la paura negli occhi dei pazienti che devono stare soli in un letto h24 e possono solo guardare una parete bianca; per loro l’unico conforto è il mio sguardo quando somministro la terapia dietro una visiera o degli occhiali. Ma il terrore – prosegue – l’ho visto anche negli occhi di medici e infermieri, solo che noi non possiamo e non dobbiamo lasciar trasparire nulla. Essere un infermiere ai tempi del coronavirus significa esprimere ogni sentimento solo attraverso uno sguardo, sia esso di paura di smarrimento di sofferenza di preoccupazione“. “Vi voglio invitare a stare a casa, basto solo io a vedere e a vivere con gli occhi pieni di paura“.