Il nuovo studio che rileva concentrazioni anomale di sostanze tossiche nelle piante coltivate nella Terra dei Fuochi riaccende i riflettori su una ferita mai rimarginata. Ma per Ferdinando Palumbo, segretario generale della CISAL Caserta, la notizia non è una rivelazione: è semmai una conferma, l’ennesima, di ciò che al sindacato denunciano da anni. “Non si tratta di allarmismo. Abbiamo portato questi temi davanti a ogni interlocutore istituzionale, chiesto analisi, proposto interventi.” Per il sindacalista la questione ambientale, dice, è indissolubilmente legata ai diritti dei lavoratori, alla salute pubblica, alla dignità di un’intera popolazione. “Quando un agricoltore lavora su un terreno contaminato, è esposto. Quando un operaio respira aria satura di diossine, è a rischio. Quando una comunità consuma prodotti senza garanzie, si gioca la salute delle generazioni future”.
La CISAL Caserta ha presentato documenti, partecipato a tavoli istituzionali, pubblicato appelli sulla stampa: non è mancata l’azione, ma la risposta. E oggi, secondo Palumbo, la nuova ricerca solleva interrogativi pesanti sulla responsabilità di chi avrebbe dovuto agire e non l’ha fatto. “Siamo in un territorio che ha pagato con tassi oncologici anomali, emigrazione giovanile, crollo dell’economia agricola. Non basta più parlare di bonifiche: bisogna renderle verificabili, pubbliche, irreversibili. E occorre un piano straordinario per il rilancio etico del lavoro in queste aree”.
Il sindacalista chiede trasparenza nei dati, monitoraggio costante e partecipazione attiva della cittadinanza nei processi decisionali. E rilancia un concetto chiave: “Non può esserci sviluppo, non può esserci fiducia, se non si garantisce il diritto elementare a vivere in un ambiente sano. E questa è una battaglia che non può più essere lasciata ai soli comitati o alle inchieste giornalistiche: è il cuore della questione meridionale del nostro tempo”.