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Capua (Ce) – “Per sbloccare lo stallo della nave Diciotti… Il Governo chiede aiuto alla Chiesa. La nostra Arcidiocesi in prima linea…di Antonio Casale KairosNews. Ci hanno chiesto aiuto e noi lo abbiamo fatto. E’ una soluzione condivisa con il Viminale, con cui abbiamo firmato un protocollo. Abbiamo anche ribadito che questo è uno sforzo straordinario fatto dalla Chiesa, non crediamo sia questa la modalità di gestire situazioni così complesse”. Con queste parole, Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana, ha spiegato ai giornalisti l’impegno della Chiesa italiana per sbloccare la grave situazione di stallo in cui si trovava la nave Diciotti, con a bordo 177 migranti, in maggioranza eritrei, tenuti “in ostaggio” in condizioni igienico sanitarie inaccettabili. Al gesto di disponibilità della Chiesa Italiana è corrisposto immediatamente un moto di solidarietà da parte delle Chiese locali che si sono fatte avanti spontaneamente per condividere lo sforzo di accoglienza e distribuire i migranti in piccoli gruppi su tutto il territorio nazionale.

La Diocesi di Capua è stata tra le prime a dare la sua disponibilità in nome di un’antica e consolidata tradizione di accoglienza. Accogliere 5 giovani eritrei, nati in una delle aree più tormentate dell’africa e provati da un lungo viaggio di sofferenze e umiliazioni, non poteva essere che una ulteriore occasione di crescita per la nostra comunità. «Abbiamo voluto dare una risposta forte di solidarietà all’appello del papa. Si tratta di un gesto di accoglienza, fatto con prudenza e semplicità», spiega Antonio Casale, direttore dell’ufficio Migrantes per motivare l’azione. Prudenza e semplicità sono le due caratteristiche che contraddistinguono l’agire evangelico. Prudenza nel calcolare e progettare i passi necessari, semplicità nel riconoscere il volto di Cristo in ogni fratello che bussa alla porta, senza distinzioni, chiusure e paure. Con tale spirito il direttore Migrantes ed il direttore della Caritas diocesana, don Raffaele Paolucci, si sono messi gioiosamente in cammino verso Rocca Di Papa ansiosi di conoscere i nuovi fratelli inviati dalla Provvidenza. L’incontro non ha deluso le attese. Si trattava di 5 giovani impauriti e affaticati che avevano una sola parola sulle labbra, ma soprattutto negli occhi: grazie. Quanti pregiudizi cadono quando le persone si incontrano con cuore aperto. La prima tappa del progetto prevedeva una breve permanenza al Centro Fernandes di Castel Volturno per svolgere i fondamentali accertamenti sanitari, i primi adempimenti legali e per utilizzare la competenza di operatori esperti in grado di conoscere meglio le esigenze dei nuovi arrivati.

La seconda tappa prevedeva una sistemazione individualizzata presso altre comunità della diocesi. Accolti con amore dalla comunità del Fernandes, con le suore Francescane ed i padri comboniani, i 5 anonimi eritrei sono diventati Dawit, Jonas, Mussie, Ermyes e Oqubay, volti e storie precise cariche di sofferenza. Ma nonostante si sentissero finalmente rispettati ed amati nel confort di una dimora accogliente, una vena di tristezzae di ansia segnava i loro volti sempre più luminosi. Il loro viaggio, infatti, non era ancora finito. Avrebbero potuto continuare a fare la “pacchia” tra noi, come alcuni vedono l’accoglienza dei rifugiati. E invece no. Hanno preferito continuare a inseguire il loro sogno continuando a rischiare sulla loro pelle per raggiungere la meta preclusa da leggi rigide e talvolta ottuse dove ricongiungersi ad affetti ed amici e costruirsi finalmente una vita migliore con il loro lavoro e la loro esemplare voglia di vivere, senza pretendere niente da nessuno.