- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Dal falso attentato per depistare le forze dell’ordine all’ “esilio dorato” in Romania. La vicenda umana di Nicola Inquieto, imprenditore arrestato ieri dagli investigatori della Dia perché ritenuto colui che avrebbe riciclato, per conto del boss dei Casalesi Michele Zagaria, centinaia di milioni di euro frutto dei business illeciti creando un impero economico in Transilvania, regione romena, rappresenta quella del tipico fiancheggiatore nullatenente che, complice la fiducia del capoclan, ha poi fatto il salto di qualità, grazie anche al fiuto per gli affari, diventando custode di parte del “tesoro” del boss e titolare di beni del valore di oltre 100 milioni euro, che però erano in effetti di Zagaria.

A Pitesti, città a 110 km da Bucarest, Inquieto risiedeva in una villa di tre piani con piscina coperta e risultava proprietario di centinaia di appartamenti; nel gennaio scorso avrebbe dovuto aprire anche un centro benessere. La sua ascesa nel clan emerge dall’ordinanza firmata dal Gip Federica Colucci, che ha ordinato l’arresto anche del fratello di Nicola, Giuseppe Inquieto. Nel gennaio 2004 Nicola fu denunciato dai carabinieri perché nella casa a lui intestata, la cui proprietà era riconducibile a Michele Zagaria, ubicata in via Po a San Cipriano d’Aversa, fu rinvenuto un bunker nel quale si nascondeva Carmine Zagaria, fratello del boss. Ne parla uno dei collaboratori che ha contribuito a ricostruire la figura e il ruolo nel clan di Inquieto, ovvero Massimiliano Caterino, ex braccio destro di Zagaria. ”Mastrone”, questo il soprannome di Caterino, afferma che Zagaria, dopo la scoperta del bunker di via Po, capì che Nicola era osservato dalle forze dell’ordine, così chiese ai suoi uomini di organizzare un falso attentato ai danni del negozio di Inquieto, aperto nel 2002 con i soldi di Zagaria.

“Io – racconta Caterino – incaricai Attilio Pellegrino (altro fedelissimo oggi pentito, ndr) dell’operazione, che fu effettuata esplodendo alcuni colpi di arma da fuoco all’indirizzo della saracinesca del negozio di telefonia di Inquieto; quest’ultimo fu poi invitato da Zagaria a sporgere denuncia contro ignoti”. Lo stesso Caterino riferisce poi che Zagaria picchiò Inquieto perché questi litigò a colpi di pistola per futili motivi con un’altra persona. “Zagaria non voleva che i suoi uomini avessero le armi”. Così il boss decise di “esiliare” Nicola Inquieto in Romania, paese natale della moglie, ordinando ai suoi uomini di non avere più contatti con l’imprenditore; fu Carmine Zagaria a tenere i contatti e a ricevere i soldi da Inquieto ogni qualvolta questi tornava in Italia. Inquieto, è emerso, ha investito in Romania un fiume di danaro consegnatogli da Zagaria. Ne parla l’altro collaboratore Generoso Restina, che dice che Zagaria rifiutò un investimento sicuro di 300mila euro con una società finanziaria di Roma perché “preferiva dare i soldi a Nicola Inquieto che gliene faceva guadagnare tanti in Romania, attraverso investimenti nel settore edile”.