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“Nel carcere è ritornata la calma e si lavora nel rispetto dei ruoli di tutti. Il clima resta però per certi versi pesante, visto che nello stesso luogo si trovano denuncianti e denunciati”. È quanto ha affermato il Garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, che oggi si è recato al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Ce) dove ha visitato i padiglioni Danubio, Nilo e Tamigi, ascoltando i detenuti delle diverse sezioni in cui ci sono state recentemente proteste, scioperi della fame, tentativi di rivolte e presunte violenze della Polizia Penitenziaria.
 
Sono 57 gli agenti indagati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per reati come la tortura, in relazione proprio ai presunti pestaggi commessi ai danni dei detenuti il sei aprile scorso; tutti  sono ancora in servizio – molti si sono però dati malati per stress da lavoro – così come non sono stati ancora trasferiti i detenuti che hanno presentato denuncia contro gli agenti per i fatti di aprile.
 

“Esprimo la mia fiducia – ha detto Ciambriellonell’operato della magistratura e confido nell’accertamento della verità, condizione essenziale per il rafforzamento della giustizia. Anche oggi parlando con alcuni agenti ho manifestato il mio apprezzamento per il delicato e proficuo lavoro che svolgono tutti i giorni. Non ritengo che siano venuti meno gli elementi su cui in questi anni ho fondato il mio giudizio positivo sul loro operato”.

“Alla politica – ha aggiunto – dico di non essere né “parolaia” né populista, e di mettere in campo progetti concreti per le carceri e gli operatori penitenziari. Bisogna evitare strumentalizzazioni e polemiche pretestuose”. 

Nel corso della visita, Ciambriello ha parlato lungamente anche con il responsabile sanitario del carcere e con i medici e gli psicologi dell’A.S.L. presenti nell’istituto.
“Ho verificato – ha spiegato il Garante – che l’acqua dei rubinetti e delle docce è gialla e continua a causare irritazioni cutanee alla popolazione detenuta. Qui come altrove – ha aggiunto – ho constatato che il carcere non può essere solo contenimento ma deve essere soprattutto accudimento, sulla scia del dettato costituzionale che definisce il carcere e le pene come strumenti per rieducare. Per ottenere questo risultato è necessario che vi siano più figure sociali, più educatori, più psicologi, più  volontariato e terzo settore che funga da ponte per il post carcere” ha concluso.