Visita del Garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello al carcere di Aversa, dove erano presenti 290 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare prevista di 254 detenuti, di cui 46 internati in casa-lavoro; mancano alla pianta organica più di 50 agenti. Ha effettuato inoltre lunghi colloqui, in particolare con i lavoranti, ed è stato a discutere con gli ospiti internati nella casa-lavoro.
“Dei 46 detenuti in casa-lavoro – afferma il Garante – 16 sono con problemi psichici e psichiatrici, uno è da rimpatriare, uno necessita di una misura alternativa. C’è bisogno non solo per tutto l’istituto ma, soprattutto, per loro di figure essenziali. Mancano stabilmente uno psichiatra, un tecnico della riabilitazione, assistenti sociali e figure specializzate che aiutino a chi è dentro ad una casa-lavoro. Tutto è nelle mani di pochi agenti generosi, efficaci ed attenti a queste problematiche. Da anni contesto, e lo facciamo anche come garanti, che si mantengano in vita, in Italia, 5 case-lavoro, frutto di una legge del ministro Rocco del 1930! Sono posti che non sono né casa e né lavoro: una condizione di sostanziale ingiustizia che non può essere ignorata. Servono luoghi non detentivi, case che siano veramente tali, e contesti di lavoro e di inclusione sociale che vedano coinvolti gli enti locali, il terzo settore, il mondo del volontariato e le Asl Servono misure alternative di reinserimento sociale per persone che vengono considerate particolarmente pericolose. É un reparto, quello di oggi, di archeologia criminale. Casa-lavoro? Un nome sconosciuto, anche per molti in Italia e per gli stessi addetti ai lavori, col rischio che questa nuova situazione possa durare all’infinito perché il magistrato di sorveglianza può dire che il soggetto non offre garanzie sociali o etiche per meritare la libertà. Cosa succede agli invisibili? A chi non ha casa, a chi è senza fissa dimora, senza relazione, senza visite. Cosa fa lo Stato per questi invisibili? Li fascicola solo negli istituti penitenziari? Sono trattati come veri e propri detenuti”.
“Mi colpisce inoltre, ogni volta che vengo ad Aversa – conclude Ciambriello – che lo spazio è ampio ma la struttura espone alle intemperie il personale tutto e gli stessi detenuti liberi di muoversi, data l’assenza di sentieri protetti, rendendo difficile lo spostamento tra le varie sezioni”.























