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Alle prese da quasi due anni con una complessa vertenza che ne ha già quasi dimezzato l’organico, i lavoratori dello stabilimento Jabil di Marcianise (Ce) tornano a mobilitarsi concretamente, e si preparano a scendere nuovamente in piazza. Lo faranno a Napoli, il 3 maggio prossimo, alla sede della Regione Campania, dove manifesteranno la loro contrarietà al piano industriale presentato qualche giorno fa da vertici di Jabil Circuit Italia.

La decisione di mobilitarsi è stata presa dai lavoratori riuniti in assemblee tenute in fabbrica alla presenza dei rappresentanti sindacali delle sigle dei metalmeccanici (Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm e Failms); lo scopo della protesta è “sensibilizzare Regione e Ministeri ad intercettare tutti i possibili strumenti, anche in ordine al Recovery Fund, al fine di garantire i 480 addetti”.

Per i sindacati infatti, il piano industriale presentato da Jabil non dà garanzie ai 480 lavoratori rimasti in servizio a Marcianise dopo gli oltre 220 esuberi avvenuti dal giugno 2019; non dà garanzie “né in relazione alla saturazione degli organici né, dunque, sulle commesse che verranno lavorate a Marcianise”, anzi prevede altri cento esuberi, con lo scopo di portare la forza lavoro a 250 unità.

Una situazione che secondo i sindacati mette in pericolo la sopravvivenza stessa del sito produttivo di Marcianise. Dei 480 lavoratori rimasti infatti, 130 saranno licenziati entro pochi mesi, e ciò perché va completata la procedura da 350 esuberi avviata a giugno 2019 e tuttora aperta causa proroghe dovute alla pandemia e al connesso stop ai licenziamenti.

A questi si aggiungono i cento esuberi annunciati con il nuovo piano industriale; se anche questa ultima intenzione della Jabil dovesse andare in porto, si potrebbe arrivare alla perdita in poco più di due anni di 450 posti di lavoro; una perdita compensata solo in parte dal fatto che molti addetti usciti dalla Jabil sono stati ricollocati in altre aziende individuate dalla stessa multinazionale, come Softlab e Orefice; qui infatti, gli ex Jabil non se la passano bene, visto che sono in cassa integrazione senza un chiaro progetto produttivo.