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Riceviamo e pubblichiamo dall’associazione Mondragone Bene Comune.

“E’ ripartita la scuola anche a Mondragone, una ripartenza accompagnata dagli auguri “inediti” e particolarmente “sentiti” del nostro stupefacente “primo cittadino. Ci sono e ci saranno problemi durante questo anno scolastico, ma c’è anche tanta abnegazione da parte dei dirigenti scolastici e del personale docente e non docente per cercare di ridurre al minimo le inevitabili disfunzioni. Bisogna imparare a convivere con il Covid 19. Molto di quello che accadrà nelle prossime settimane è affidato ai comportamenti individuali e collettivi. E, quindi, ci appelliamo a tutti gli studenti di ogni ordine e grado e a tutte le loro famiglie affinché siano comprensivi e collaborino attivamente per assicurare la necessaria sicurezza e per supportare lo sforzo che le istituzioni scolastiche stanno facendo in questo difficile frangente. L’AMBC in questi mesi ha cercato di insistere non solo sull’urgenza delle cose da fare (soprattutto da parte dell’Amministrazione comunale) per assicurare la riapertura delle scuole in sicurezza, ma ha anche sollecitato la Comunità cittadina a riflettere sulla necessità di immaginare una Nuova Scuola, non soltanto tecnologica, digitale e a distanza, ma una Scuola di Comunità per la quale trasformare la nostra città in un luogo in cui sia possibile in tutti i quartieri vivere e crescere, apprendere, confrontarsi, prendersi cura gli uni degli altri e rispettare il territorio e i Beni Comuni. Non siamo stati capaci di farci trovare preparati ad affrontare una pandemia,  che  ha radici assai antiche e “Spillover” (ed. it. Adelphi, 2014, 575 pagine, 14 euro, tr. di L. Civalleri), libro dell’americano David Quammen, ce lo dimostra inconfutabilmente. Non siamo stati capaci di curarla, perché come sostiene Giuseppe Remuzzi, il Direttore dell’Istituto “Mario Negri”: Questa malattia si sarebbe potuta curare a casa, in presenza di una forte medicina del territorio”(in una interessante intervista su Il Manifesto del 30/09/2020). Poi, durante il lungo lockdown, tutti a dire- anche con eccessiva retorica– che niente sarebbe stato più come prima. Ma, subito dopo, siamo tornati- incuranti ed incoscienti– a fare esattamente tutto come sempre. L’AMBC ha cercato di proporre-per esempio– una Nuova Città, più pedonalizzata e ciclabile, più verde e pubblica, più prossima e solidale. Sono anni che andiamo ripetendo che sui bambini occorre investire, che sul loro posto nella città del domani è necessario esporsi con chiarezza e che nella nostra città deve necessariamente crescere la consapevolezza sulla possibilità di organizzare un nuovo modo per spostarsi. Da tempo denunciamo che troppi cittadini e tutti coloro che ci amministrano continuano a ignorare l’ipotesi di ridurre gli spostamenti privati o che il numero di bambini che a Mondragone va a scuola a piedi o in bici è quasi pari a zero, proponendo pedonalizzazione e pedibus diffusi. Sono tutte proposte e sollecitazioni  cadute miseramente nel vuoto. Così come sono cadute nel vuoto le proposte per cercare di fronteggiare l’emergenza economico-sociale che investe tante imprese e tantissime famiglie. E anche sulla scuola ci siamo permessi di avanzare qualche alternativa, mutuando esperienze che si vanno consolidando nel Paese. Proposte che puntano ad una scuola capace di espandersi oltre i muri degli edifici, allargarsi agli spazi cittadini ed essere disposta a nuove modalità di apprendimento, più esperienziali, laboratoriali, multidisciplinari e che sappia arricchirsi dell’apporto di tutti, studenti compresi. E, soprattutto, una scuola il più possibile inclusiva. Secondo l’indicatore europeo Elet (Early Leaving from Education and Training) è a rischio di abbandono precoce il 14% degli studenti italiani (percentuale che sale a 33 tra gli studenti con origini migratorie, non italofoni, per i quali non sono spesso previsti neanche laboratori di lingua italiana). Media europea 10,6%, obiettivo europeo 10%. Come si vede, c’è tanto da fare, soprattutto a Mondragone dove la povertà educativa e l’abbandono scolastico “si fanno particolarmente sentire”. Abbiamo segnalato esperienze di “uscite” dall’aula alla ricerca di ambienti e contesti differenti, adeguati alle discipline che si intendono affrontare. Fuori dall’aula, gli studenti (ma anche i docenti) sarebbero inseriti in un tessuto connettivo (la comunità educante) stimolante e vitale, potrebbero sperimentare collaborazioni inattese, in un caleidoscopio di esperienze in grado di spezzare l’isolamento e di ricomprendere i non-luoghi  di alcuni quartieri (soprattutto quelli più periferici) negli spazi da vivere. Ci sono esperienze già collaudate che possono rappresentare un punto di riferimento, come la rete delle Scuole all’aperto. Il presupposto –per prendere almeno in considerazione l’idea di cambiare– è però quello di mettersi in discussione, di far lavorare la creatività e la voglia di ripensare la scuola, sia da parte degli insegnanti e dei dirigenti scolastici  che dei genitori e dell’intera Comunità. Chiudiamo con una segnalazione di alcuni enti ed associazioni affinché questi primi giorni di scuola siano più che un inizio. Un invito per dirigenti, docenti, personale ATA, rappresentanti sindacali, educatori, educatrici, genitori, studenti e studentesse, associazioni, reti, movimenti e per la cittadinanza tutta. Il documento in PDF è scaricabile qui”.