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Mondragone (Ce) – Resta alta la tensione ai palazzi ex Cirio di Mondragone, dove è in vigore la zona rossa decretata dalla Regione dopo l’emersione di un focolaio da Covid-19 che riguarda soprattutto cittadini bulgari, residenti in gran parte nel degradato complesso formato da cinque palazzi; 30 i casi positivi, tutti bulgari con un solo italiano. Ieri mattina alcuni inquilini italiani si sono lamentati accusando la comunità bulgara di responsabilità in ordine alla diffusione del contagio.

Oggi la tensione è meno visibile, ma si percepisce parlando tanto con gli italiani che con i bulgari. “Devono dichiarare tutta Mondragone zona rossa, che senso ha tenerci in casa mentre i bulgari escono di notte per andare a lavorare con il rischio che il contagio si diffonda ancora?” dicono gli inquilini italiani di uno dei cinque palazzi ex Cirio, quello dove sono presenti meno stranieri. Stanotte una ventina di bulgari residenti nella zona rossa sono stati visti mentre provavano a scavalcare una rete per uscire, ma sono stati riportati dentro, ma molti italiani si dicono convinti che tanti bulgari sono sfuggiti alle maglie dei controlli.

Per ora comunque, mentre il personale dell’Asl continua a praticare i tamponi – “abbiamo quasi finito” dicono – gli inquilini bulgari restano nelle loro case, mentre i connazionali che abitano fuori la zona rossa fanno la spola tra i supermercati e le abitazioni off limits, per portare cibo a soprattutto bevande, sebbene anche la protezione civile comunale stia fornendo cibo e acqua. “Il coronavirus è un invenzione per tenerci chiusi in casa” dice un bulgaro, mentre un suo connazionale mediatore culturale dice “solo chiudendo l’area si può delimitare il contagio, ma una volta separati i positivi dai negativi, quest’ultimi devono tornare ad uscire“. Il fratello di uno degli inquilini stranieri, dice che stare “chiusi sette giorni in casa è impossibile. Dobbiamo lavorare e mangiare“.