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Caserta – Tra mezze verità e macabri misteri, è tutt’altro che risolta la vicenda dell’omicidio di Vincenzo Ruggiero, il 25enne commesso ucciso il 7 luglio scorso ad Aversa (Caserta) con due colpi di pistola, per il cui delitto è in carcere da due settimane l’ex marinaio Ciro Guarente. Questi aveva una relazione con la trans Heven Grimaldi, che condivideva con Ruggiero, l’appartamento in cui sarebbe avvenuto il delitto. Il fatto ha scosso profondamente la comunità Lgbt campana, visto che Ruggiero era un’attivista gay che frequentava l’Arcigay di Napoli e due anni fa aveva anche vinto un premio. In tutta la vicenda il condizionale è d’obbligo perché ad oggi, nonostante la “mezza” confessione resa da Guarente il 29 luglio scorso quando fu arrestato, e il fermo avvenuto pochi giorni fa del complice Francesco De Turris che avrebbe fornito al presunto omicida la pistola usata, gli unici elementi certi sono la paternità del delitto in capo a Guarente, compresa la stessa pianificazione dell’omicidio, il tipo di ferite risultate fatali a Ruggiero e probabilmente il movente, che resta quello del raptus di gelosia che ha armato la mano di Guarente, sebbene sembri che tra la Grimaldi e Ruggiero vi fosse solo una sincera amicizia. I resti della vittima, che Guarente aveva riferito di aver gettato in mare, sono emersi in un garage del quartiere napoletano di Ponticelli, sepolti sotto il cemento e circondati dai rifiuti; si cerca ancora la testa del povero Vincenzo. La Procura di Napoli Nord e i carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa che da 15 giorni stanno lavorando senza sosta per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, si stanno concentrando ora sulla ricerca del terzo complice – o dei complici – che potrebbe aver aiutato Guarente a disfarsi del cadavere.

Forse solo dopo aver catturato tutti i protagonisti di questa macabra vicenda – sempre che ve ne siano altri oltre ai due fermati – gli inquirenti potranno chiarire i tanti aspetti ancora oscuri, magari ritrovare la testa sparita e, soprattutto, ricostruire con chiarezza i terribili momenti in cui Vincenzo ha perso la vita. “Ho provocato io la morte di Vincenzo ma non volevo ucciderlo”, aveva raccontato Guarente agli investigatori, riferendo di aver litigato con Vincenzo a casa di Heven e che durante la colluttazione Ruggiero era caduto sbattendo accidentalmente la testa. Tutto falso, ha scoperto il medico legale che ha eseguito gli accertamenti sui resti di Vincenzo; questi è stato ferito mortalmente con due colpi di pistola, una calibro 7,65, al petto. Da capire c’è anche il luogo in cui è stato ucciso Vincenzo; se Guarente lo avesse finito nell’abitazione di Aversa qualcuno avrebbe sentito gli spari, ma i carabinieri non hanno trovato testimoni nel palazzo che hanno confermato di aver sentito o notato qualcosa. Ci sono poi le telecamere dello studio di professionisti posti di fronte all’appartamento del delitto che riprendono Guarente mentre arriva a casa di Ruggiero prima del rientro del commesso, e che ne esce dopo qualche ora trascinando un pacco pesante, che potrebbe essere il corpo di Vincenzo; non è detto che il 25enne fosse già morto, potrebbe essere stato tramortito o drogato, per poi essere ucciso altrove. C’è poi da chiarire il modo in cui Guarente ha fatto a pezzi il corpo di Ruggiero, se e che tipo di acido ha usato, come ha sezionato e smembrato il cadavere. Si pensa ad un complice ma gli inquirenti ipotizzano anche che la verità raccontata da Guarente, di aver fatto cioè tutto da solo, possa essere vera. “Se ha avuto il coraggio di uccidere un ragazzo molto più alto e prestante di lui come Ruggiero – ragiona un investigatore – potrebbe aver trovato la forza anche per trasportarlo e farlo a pezzi, magari impiegando alcuni giorni”. Intanto il presunto omicida, dopo la parziale confessione, non ha più parlato con gli inquirenti, e in questi giorni è stato trasferito dal carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere a quello napoletano di Poggioreale, dove è detenuto in un padiglione dedicato agli omosessuali.