I progetti del Consorzio in liquidazione: a gestirli camorristi e indagati

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Caserta -Si chiamano progetti di sensibilizzazione per la raccolta differenziata, e sono uno degli strumenti per tenere in vita, come un moribondo cui nessuno ha il coraggio di staccare la spina, il Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta, carrozzone politico operante nel settore dei rifiuti, e per permettere a dipendenti indagati, condannati e ritenuti parte del sistema di potere politico-mafioso che per anni ha governato il settore ambientale in Campania, di continuare a dettare legge. Personaggi come Antonio Scialdone (in foto)  o Luigi Ferraro, legati all’imprenditore Nicola Ferraro, ex esponente e consigliere regionale dell’Udeur di Mastella, condannato per concorso esterno in camorra in quanto considerato imprenditore da sempre al servizio del clan dei Casalesi nel settore dei rifiuti; lo stesso Luigi, fratello di Nicola, è stato condannato a sette anni e mezzo per concorso esterno. Eppure, dopo aver scontato la pena, è incredibilmente ancora al suo posto al Consorzio, così come Antonio Scialdone, ex direttore generale del Consorzio pluriindagato perché concedeva per motivi clientelari aumenti livello e di stipendio a tutti  dipendenti,  arrestato, scarcerato, che però è sempre lì. Il Cub, questo l’acronimo del Consorzio, fu creato nel 2008, su volere della politica e in particolare dell’allora sottosegretario all’Economia del Governo Berlusconi Nicola Cosentino, per sostituire i quattro consorzi di bacino intercomunali del Casertano e i tre del napoletano che si occupavano di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Uno dei consorzi, il Ce4 che operava in 20 comuni del Casertano, è risultato essere, al termine di vari processi, un giocattolo nelle mani della politica e del clan dei Casalesi. Il Cub è in liquidazione da anni, la Regione cerca disperatamente di piazzare i dipendenti rimasti, circa 1000 nell’articolazione napoletana, quasi 320 in quella casertana; per tutti la mobilità biennale è ormai scaduta, il prossimo passo dovrebbe essere il licenziamento, ma la politica non può permettersi di creare un’ulteriore bomba sociale. Così, di progetto in progetto, il Cub viene tenuto in vita, ma la cosa paradossale è che a gestire questi progetti vi siano gli stessi personaggi protagonisti del fallimento del Cub, che che sarebbero dovuti essere licenziati da anni, e che invece ancora godono di stipendi alti e privilegi inopportuni. Modalità di gestione che ricordano quelle opache e poco trasparenti che si registravano prima e dopo l’emergenza rifiuti. Ma tant’è, poco è cambiato in un settore dove i soldi girano, e sono tanti. In concreto, il progetto di sensibilizzazione per la raccolta differenziata consisteva nel distribuire volantini presso le utenze domestiche da parte dei dipendenti del Cub, appositamente divisi in squadre operanti ognuna in un gruppo di comuni scelti pero omogeneità territoriale. In comuni dell’Alto-Casertano come Piedimonte Matese, San Potito, Alife, Sant’Angelo D’Alife, Ailano, caposquadra era proprio Luigi Ferraro, mentre Antonio Scialdone ha operato in comuni limitrofi al capoluogo, come Casagiove, Santa Maria Capua Vetere, Casapulla. Ruolo di caposquadra anche per Anthony Scialdone, già indagato, o per i raccomandati dalla politica Enrico Bovienzo, assunto come tutti al Cub senza concorso nel 2009 per svolgere il ruolo di addetto all’ufficio di presidenza anche quando quest’ufficio non c’era più, percependo per questo tra stipendi e superminimi oltre 6mila euro, o Pasquale De Lucia, vicino all’ex sindaco di San Felice a Cancello, suo omonimo, arrestato varie volte per appalti truccati e problemi di camorra.  Il progetto sulla differenziata dovrebbe essere terminato; in breve ne inzierà un altro relativo alla distribuzione sul territorio delle composterie, piccoli impianti per il trattamento dei rifiuti umidi.

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