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Detenuti lasciati senza acqua” durante la perquisizione straordinaria del 6 aprile 2020 al carcere di Santa Maria Capua Vetere: è una delle affermazioni rese al processo che vede imputati 105 tra agenti penitenziari, funzionari del Dap e medici, dal brigadiere dei carabinieri Vincenzo Medici, colui che ha visionato i video dei pestaggi, sentito 92 detenuti vittime dopo i fatti ed effettuato i riconoscimenti degli agenti responsabili. Un’affermazione quasi interamente smontata attraverso video e documenti ufficiali dalle difese degli agenti.
La “privazione di acqua” era anche uno delle condotte che per la Procura integravano il reato di tortura. Dai video mostrati in aula dal teste, si vedono gli agenti che rimuovono dalle celle le balle di acqua potabile a disposizione dei detenuti durante la perquisizione; per Medici si sarebbe trattato di un comportamento altamente vessatorio verso i detenuti, “privati della possibilità di espletare i propri bisogni primari, come bere“.
Ma le difese degli imputati hanno fatto vedere in aula un’altra parte degli stessi video, in cui si nota che a conclusione delle operazioni di perquisizione le confezioni di acqua venivano restituite ai detenuti nelle celle. Di fronte alle immagini mostrate in particolare dagli avvocati Giuseppe Stellato e Gennaro Razzino, Medici ha dovuto ammettere che “quella parte del video non l’ho visionato”.
Stellato ha anche provato che, aldilà delle bottiglie d’acqua date quotidianamente ai detenuti, nell’aprile 2020 non c’era un problema d’acqua potabile nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, sebbene allora l’Istituto penitenziario non avesse ancora l’allaccio alla rete idrica pubblica (realizzato, in quanto ogni tre mesi l’ASL faceva le analisi dell’acqua presa dai pozzi, che da diversi documenti risulta potabile).
Un altro difensore, Carlo De Stavola, ha mostrato un video in cui si nota un agente imputato, Falluto, mentre dopo la perquisizione passa una bottiglia d’acqua ai detenuti presenti in una cella. “È questo che fa l’agente?” chiede il legale al teste. “Si” è la risposta.
Sempre De Stavola introduce il tema degli agenti che i detenuti non hanno riconosciuto nei video, ma che sono stati indicati dagli stessi detenuti come presenti e poi identificati sulla base delle foto; qualche agente per discolparsi ha depositato l’estratto del cellulare o anche del conto-corrente per dimostrare che non c’era il sei aprile. Così una decina di poliziotti è riuscita ad uscire dal processo (posizione stralciata), altri però sono finiti comunque imputati, pur non comparendo in video. “Vi siete preoccupati di capire il perché di queste accuse fatte dai detenuti a questi agenti che a voi risultavano assenti nel carcere il sei aprile“? ‘No” dice il sottufficiale dell’Arma.
Sui farmaci che molti detenuti hanno detto di non aver ricevuto dopo la perquisizione, De Stavola mostra video con operatrice con camice bianco che passa tra le celle con medicine.
Altro argomento introdotto, che sarà sviluppato nelle prossime udienze, è quello del preciso ruolo degli agenti in servizio al carcere sammaritano e degli altri agenti provenienti dalle carceri di Secondigliano e Avellino. “Qui – fa notare De Stavolasono imputati decine di agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, molti senza casco e mascherina e facilmente riconoscibili, anche per il grado; dai video si vede che cercano spesso di fermare quelli esterni, che invece con i caschi e la mascherina sembra che facciano quello che vogliono, perché non riconoscibili. Questi ultimi potevano prendere ordini dai graduati di Santa Maria?” Il pm Alessandro Milita si oppone. “Chi comandava erano gli ufficiali Pasquale Colucci (allora ufficiale a Secondigliano e capo del gruppo di pronto intervento, ndr) e Gaetano Manganelli (nell’aprile 2020 comandante agenti Santa Maria Capua Vetere, ndr), entrambi imputati proprio con il ruolo di organizzatori“.