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“Ebbene, nel caso che ci occupa, l’imputato Trotta Filippo interrompeva il servizio giornalistico atto a documentare l’omicidio avvenuto poche ore prima, destinato alla diffusione televisiva. Invero, intimando ai due soggetti di allontanarsi e, poi, aggredendo il giornalista Trocchia Aniello (Nello), costringeva quest’ultimo e l’operatore televisivo Cremona ad allontanarsi dal luogo e rinunciare al servizio di informazione”. È un passaggio delle motivazioni della sentenza di primo grado emessa dalla giudice del tribunale di Foggia, Maria Giovanna Gallipoli, con la quale condanna Filippo Trotta per l’aggressione ai danni del giornalista Nello Trocchia. Il cronista, oggi inviato del quotidiano ‘Domani’ e all’epoca inviato del programma di Rai2 ‘Nemo’, il 27 luglio 2017 stava realizzando una inchiesta sulla mafia foggiana quando venne aggredito alle spalle da Trotta. In queste ore sono state depositate le motivazioni della condanna di primo grado a un anno per lesioni aggravate, violenza privata e interruzione di pubblico servizio. Il giornalista, difeso dall’avvocato Giancarlo Visone per conto del sindacato unitario dei giornalisti della Campania, “ha descritto in maniera analitica, precisa e circostanziata, l’aggressione subita dall’imputato”, scrive la giudice. L’imputato è stato anche condannato a risarcire il giornalista e il sindacato. “Erano anni nei quali di mafia foggiana e garganica non si parlava mai – ha detto all’ANSA Trocchia commentando la sentenza -, le telecamere e i taccuini nei luoghi dove la mafia spadroneggia devono moltiplicarsi, noi abbiamo il compito di raccontare e, a volte, le conseguenze sono inaspettate e amare. Ringrazio il sindacato e quanti hanno ripreso quell’inchiesta. La sentenza riconosce al nostro mestiere la funzione di servizio pubblico, è un pronunciamento importante per tutte e tutti”.