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Con un evidente gioco di parole, il Futuro di Bagnoli e della città è “l’ultima spiaggia per i napoletani”. Ed è pure il titolo del dibattito pubblico, indetto per giovedì 17 luglio (ore 18) all’Istituto italiano per gli studi filosofici. Un appuntamento in chiave non conformista, promosso dalle Assise della Città di Napoli e dalla Rete Sociale Nobox – Diritto alla Città. A presiederlo sarà lo storico dell’architettura Giulio Pane, a moderarlo invece Ermete Ferraro della rete No Box. Sono previste tre relazioni. Lucia Tozzi, ricercatrice indipendente e studiosa di politiche urbane, parlerà di “Grandi eventi e autocrazia”. L’architetto Antimo Di Martino, tecnico della rete No Box, esporrà “Le ragioni della rimozione della colmata di Bagnoli“. Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto Costituzionale alla Federico II, proporrà un intervento intitolato “Bagnoli e l’America’s Cup: cala il sipario sulla democrazia della rappresentanza e partecipativa. Addio alla spiaggia per tutti!”. Al dibattito sono invitati a partecipare comitati e associazioni.

“Le decisioni prese su Bagnoli – avverte il manifesto – potrebbero pregiudicare per sempre l’aspetto paesaggistico, urbanistico, ambientale e sociale della città“. E questa resta una “area fondamentale per il futuro di Napoli e della Campania”. Ma in uno scenario venato di ritardi trentennali e incertezze, l’ultimo colpo di teatro è il grande evento sportivo. “L’America’s Cup a Bagnoli ha un significato profondamente diverso dal tentativo di conquistarla nel 2003 e poi da quella realizzata nel 2011″ sostiene Carlo Iannello, professore di Diritto costituzionale all’università “Luigi Vanvitelli”. “Allora – afferma il costituzionalista – si trattava solo di stravolgere le norme di piano. Adesso questo stravolgimento delle norme di piano diventa nella condizione attuale un acceleratore della turistificazione della città e dell’espulsione dalla città stessa dei ceti medi e professionali”. Iannello aggiunge: “Quelli popolari sono già stati espulsi”. Con altrettanta chiarezza, Tozzi spiega che “questo convegno è un punto che vogliamo fare per contestare la scelta di portare a Napoli l’America’s Cup”. La manifestazione velica è “un grande evento che Barcellona non ha neanche voluto rinnovare, proprio perché si è tradotto in una serie di perdite e di menzogne, di forzature rispetto al territorio”.

La scelta di ospitare la competizione sportiva a Napoli, secondo la ricercatrice, coinciderebbe con la volontà di “stravolgere definitivamente la destinazione a parco pubblico e spiaggia pubblica a cui era destinato, a Bagnoli, l’ex sito industriale”. E nel contempo di trasformarlo “in un luogo privatizzato e destinato al turismo di lusso”. Tozzi però vede anche altro, nei più recenti piani per Bagnoli. “Quello che è attraente dei grandi eventi per chi governa le città – dice – non sono i soldi, i proventi, l’indotto, come ci viene detto, perché in realtà molto spesso sono più perdite e disastri che reali guadagni, o perlomeno ci guadagnano sempre pochissimi e i soldi non vengono ridistribuiti e il lavoro che viene portato è lavoro povero e precario”. Al contrario, la vera leva sarebbero “i poteri speciali“. Questi servirebbero “per poter esercitare un potere non mediato, che salta i processi democratici, il Consiglio Comunale, eccetera”. Per i terreni, all’orizzonte Tozzi scorge i “forti interessi del blocco edilizio”. E per le coste sarebbe alle porte “la Blue Economy”. Cioè, destinarle “a stabilimenti privati, porticcioli“, e intanto “dare un taglio netto a tutte queste battaglie che pure a Napoli sono fortissime, quelle dei comitati per il mare libero.

Di Martino fa una premessa: “Il rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Un “concetto nella sua genericità” che “è molto netto e chiaro”. Si intende accendere i fari sulla colmata, la striscia di 195.000 mq di materiale di risulta, proveniente dall’ex insediamento siderurgico. È l’autentico spartiacque della vicenda di Bagnoli. Non solo in senso figurato, perché di fatto spezza in due la linea di costa. Dapprima era da rimuovere, come impone una legge del 1996. Oggi non più, se non nella misura del 15%. Una sterzata a U, nei piani di risanamento: si pensa di sigillarla, con la tecnica del capping. Per Di Martino, la colmata rientra però nella categoria ‘rifiuti’. “La certezza che all’interno della colmata ci siano materiali di questo tipo – dichiara – si deduce dalla presenza di “scorie di lavorazione siderurgica, laterizi, conglomerati cementizi”, così si rileva nella relazione generale dell’aprile 2025″. Il tecnico è perentorio: “Notoriamente questi materiali sono rifiuti speciali”. Ma non sarebbe nemmeno tutto. “Ancora più allarmante – aggiunge Di Martino – è la presenza di contaminanti di natura antropica come gli IPA riscontrate anche nelle analisi chimiche del 2024″. Stando all’analisi dell’esponente No Box, “queste ci dicono che il sito dove ha sede la colmata, necessita probabilmente di una bonifica integrale non solo della sua messa in sicurezza”. Quanto al resto, Di Martino trova “evidente, che la conservazione di quasi 20 ettari affacciati sul mare faccia gola a tanti”. Dopodomani ci sarà modo di discuterne.