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Napoli – “L’indagine nasce per verificare le attività corruttive all’interno del porto di Napoli. La guardia costiera ha fatto un lavoro molto intenso di intercettazioni telefoniche, ambientali, veicolari e telematiche. Dai riscontri investigativi è emerso un quadro assolutamente desolante”. Così Francesco Cacace, capitano di vascello della Guardia costiera di Napoli, in merito all’operazione che ha portato all’esecuzione di 7 misure cautelari per un presunto sistema corruttivo al porto della città. “Il dato oggettivo che ne esce fuori è quello che viene conclamato dal gip con questa ordinanza: l’esistenza di un’associazione per delinquere diretta a turbare le gare pubbliche all’interno della proprietà portuale per importi veramente considerevoli, lavori come manutenzioni stradali e degli immobili – ha spiegato -. L’associazione per delinquere è fatta da funzionari corrotti e da imprenditore senza scrupoli” . 

I FATTI – I militari della Guardia Costiera, su disposizione della Procura della Repubblica di Napoli hanno eseguito 6 (sei) ordinanze di custodia cautelare, 1(una) interdizione dai pubblici uffici per 12 mesi nonché numerose perquisizioni e sequestri a carico di imprenditori e funzionari pubblici dell’Autorità Portuale di Napoli, nell’ambito di una ampia e complessa inchiesta che vede coinvolti decine di indagati.
La Procura della Repubblica di Napoli, ha coordinato le indagini condotte dalla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Napoli che, per oltre 2 anni, ha effettuato serrate ed articolate attività di polizia giudiziaria anche utilizzando sofisticati sistemi di intercettazione telefonica, informatica ed ambientale. 

L’inchiesta, ha accertato che circa 22 milioni di euro di appalti sono stati oggetto di turbativa d’asta ad opera di una associazione per delinquere che ha strutturato un sistema illegale composto da dipendenti corrotti dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, ed imprenditori senza scrupoli.
L’operazione “CRIPTOCORRUZIONE 2.0”, prende il nome dal fatto che imprenditori e funzionari corrotti utilizzavano un linguaggio in codice, nonché da una sostanziale “evoluzione” del sistema corruttivo.
I militari della Guardia Costiera di Napoli, hanno disvelato l’evoluto sistema corruttivo attraverso una acuta analisi delle migliaia di conversazioni telefoniche ed ambientali, decriptando le varie parole in codice utilizzate per tubare le gare d’appalto e per accordarsi sulle tangenti.

I primi risultati dell’indagine portavano già nel maggio 2017 alla confessione del Responsabile dell’Ufficio Manutenzioni dell’ Autorità Portuale di Napoli – Sig. G.D. – , il quale di fronte alle
inequivoche evidenze degli investigatori della Guardia Costiera, ammetteva di aver intascato 40.000 euro di tangenti confermando altresì che vi era un vero e proprio sistema di appalti truccati e corruzione.
Le indagini evidenziavano le diverse metodologie con le quali corrotti e corruttori riuscivano a manipolare gli appalti.
Un primo sistema utilizzato dai funzionari corrotti era quello di creare ad arte fittizie urgenze così da poter utilizzare più snelle procedure di gara. 

Dette procedure semplificate consentivano ai funzionari pubblici corrotti di concordare preventivamente con le ditte colluse gli importi dei lavori nonché la ditta che si doveva aggiudicare l’appalto.
Altro astuto sistema era quello di gonfiare l’elenco delle ditte da invitare per gli appalti. 

Detto elenco veniva gonfiato attraverso l’inserimento di ditte che erano solo formalmente ed apparentemente diverse ma che, invece, sono risultate ditte intestate a prestanomi cd. “teste di legno” e facenti parte del medesimo cartello delle società colluse.
Ed ancora, i funzionari corrotti, al fine di assegnare gli appalti agli imprenditori del sistema, utilizzavano la procedura dell’affidamento diretto in spregio ad ogni principio di concorrenza. 

Al riguardo, si accertava anche che, i funzionari corrotti per mantenere l’appalto entro la soglia limite dell’affidamento diretto, frazionavano l’importo dei lavori. 

Inoltre, soventemente, ammantavano la gara di una presunta legalità affidando i frazionati lavori sotto soglia a ditte apparentemente diverse che, invece, risultavano essere gestite dallo stesso imprenditore.
Il sistema era così ben oleato che la spartizione dei lavori avveniva, sovente, già nella fase di individuazione e progettazione degli stessi. 

Infatti, si accertava che i progetti dei lavori venivano direttamente redatti dalle ditte compiacenti e poi digitalmente passati ai funzionari corrotti che li facevano propri. 

Questo escamotage, faceva sì che venissero preconosciute dalle ditte compiacenti le percentuali di ribasso da offrire per vincere la gara. 

Inoltre, ciò consentiva di gonfiare gli appalti così da assicurarsi tanto il denaro destinato alle tangenti che gli alti profitti per gli imprenditori.
Gli imprenditori, si assicuravano, anche, attraverso le tangenti, l’assenza dei controlli da parte dell’ente pubblico. 

Infatti, i funzionari corrotti, sebbene formalmente incaricati di vigilare e dirigere i lavori, redigevano gli atti amministrativi necessari per i vari pagamenti esclusivamente sulla base di quanto veniva loro indicato dalle ditte compiacenti.
Altro collaudato stratagemma utilizzato dai funzionari corrotti, era quello di avere direttamente i nominativi da invitare alla gara d’appalto dalla ditta compiacente. 

Quest’ultima, accordatasi preventivamente con le ditte che aveva fatto invitare dall’ente pubblico e con il placet del funzionario corrotto, pilotava l’aggiudicazione dell’appalto.
Inoltre, il sistema corruttivo, in caso di appalti di rilevante entità che non consentivano l’utilizzo di snelle procedure di gara, era in grado finanche di pilotare la nomina dei membri delle commissioni aggiudicatrici.
Ma la fraudolenta intelligenza dei funzionari corrotti non si fermava qui. 

Questi stilavano i bandi di gara e gli atti amministrativi connessi, con tale illecita astuzia da renderli volutamente criptici.
Questo modus operandi permetteva al sistema corruttivo ampi margini di profitti e tangenti perché consentiva ai disonesti funzionari, nelle pieghe della criptica gara, di far effettuare minori lavori, a fronte di un più ampio e corposo importo d’appalto.
Il proliferare del sistema corruttivo trovava il suo humus nella confusione amministrativa delle gestioni Commissariali dell’Autorità Portuale, connaturate anche dall’assenza di adeguati controlli interni nonché dall’assoluta inefficacia del Piano Anticorruzione di cui l’Ente si era dotato.