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Napoli – Un “raptus di follia” durato “5 minuti”, “mi si è spento il cervello” ma “non volevo ammazzarlo”. Così Tony Essobdi Badre, 26 anni, durante il processo in corso nel palazzo di Giustizia di Napoli che lo vede imputato con l’accusa di omicidio volontario del piccolo Giuseppe Dorice, il piccolo di 7 anni ucciso di botte a Cardito (Napoli) il 27 gennaio del 2019. 

L’italo-marocchino ha risposto alle domande del pm Fabio Sozio della procura di Napoli Nord con una serie di “non ricordo” salvo poi provare a spiegare cose avesse generato la violenta reazione che lo ha portato ad uccidere il piccolo Giuseppe e a ridurre quasi in fin di vita la sorellina più grande di un anno, ricoverata d’urgenza al Santobono. E’ l’Ansa a riportare le parole del 26enne, imputato nel processo insieme a Valentina Casa, 31 anni, madre dei tre figli maltrattati da Badre accusata di comportamento omissivo perché – stando all’ipotesi accusatoria – “non interveniva a fermare la furia omicida del compagno, non invocava l’aiuto dei vicini, non contattava i servizi di emergenza delle forze dell’ordine  ma provava invece a ripulire il sangue uscito dalle ferite dei figli con dei teli lasciati in bagno, occultava all’interno della pattumiera le ciocche di capelli strappate dal compagno alla figlia e, all’atto di intervento degli operanti, non riferiva immediatamente che Tony era stato l’autore di quello scempio, negava piuttosto la violenza già perpetrata all’indirizzo dei bambini”.

Queste le parole di Badre nel corso del processo: “Mi sono messo nel letto per rilassarmi un po’… verso le 8 e qualcosa, sentii che (i bambini, ndr) saltavano sul letto … mi è venuto un raptus di follia, mi si è spento il cervello, e li picchiai… ma non ho mai voluto ammazzarli”.