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Aveva compiuto da pochi giorni 15 anni eppure era un boss della camorra di Secondigliano. I suoi familiari hanno scatenato una faida di camorra tra il 2004 e il 2005 ribellandosi all’egemonia del clan Di Lauro di Scampia, e lasciando al suolo 84 morti in sei mesi. Lui aveva deciso di prendere il comando del clan e il 20 maggio del 2016 attirò in una trappola mortale in una casa in via Giulio Cesare a Melito (nella foto), due uomini. Alessandro Laperuta e Mohamed Nova. I due furono assassinati con sei colpi di pistola. Ieri i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna e della Tenenza di Melito lo hanno arrestato. Adesso ha 16 anni ed è recluso nel carcere minorile di Nisida. Secondo quanto ricostruito dalle forze dell’ordine, grazie ad una indagine “pura”, fatta di intercettazioni e pedinamenti, il ragazzino avrebbe fatto fuoco perché riteneva che i due stessero vendendo droga “sottobanco”, ovvero senza l’autorizzazione del clan Amato-Pagano che usciva molto ridimensionato dalla guerra contro gli Abete-Abbinante che aveva condotto pochi mesi prima. Per questo, con l’immaturità della sua età, prese la pistola e fece fuoco con la complicità di due maggiorenni, identificati ma indagati a piede libero. Qualcosa però quel giorno andò storto. Una delle vittime era armato e prima di morire estrasse dalla tasca una pistola e fece fuoco. Un proiettile si conficcò nella pancia del minorenne che li chiuse in casa moribondi e scappò sullo scooter in ospedale. Per la fretta fece però un incidente e fu intercettato dai carabinieri, che lo soccorsero portandolo in ospedale. Da lì le indagini che hanno portato all’arresto per duplice omicidio aggravato dal metodo mafioso.