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Si dovrà rifare il processo alla Corte dei conti per Antonio Falco, ex sindaco di Caivano, e per cinque ex assessori della giunta in carica dal 2010 al 2014. La seconda sezione giurisdizionale centrale d’appello, infatti, ha accolto il ricorso del procuratore regionale Antonio Giuseppone e dei sostituti procuratori Davide Vitale e Licia Centro e dichiarato non prescritta l’azione per responsabilità sanzionatoria. Gli atti saranno così rimessi alla Corte dei conti della Campania, affinché in diversa composizione si pronunci sul merito.

Il giudizio verte sul dissesto del Comune di Caivano, deliberato nel 2016. Un danno cui, secondo la Procura, avrebbero contribuito alcuni membri della vecchia giunta. Nei confronti di Antonio Falco i pubblici ministeri Vitale e Centro hanno chiesto l’emissione di un decreto di condanna al pagamento, in favore del Comune di Caivano, per la somma di 69.205 euro. La richiesta di condanna è di 31.142 euro ciascuno, invece, per gli ex assessori Francesco Casaburo, Bartolomeo Perna, Enzo Pinto, Vincenzo Semonella e Giulio Di Napoli. In primo grado, lo scorso gennaio, la sentenza aveva sancito l’avvenuta prescrizione dell’azione sanzionatoria. Per il solo ex assessore Antonio De Rosa, si era stabilita un’assoluzione nel merito, pronuncia non appellata. Discorso opposto per le prescrizioni, contro cui la Procura ha proposto ricorso. Un reclamo ritenuto condivisibile dalla sezione centrale d’appello.

Decisivo il riconoscimento dell’effetto interruttivo della prescrizione, prodotto dagli atti di costituzione in mora, notificati dal Comune di Caivano agli ex amministratori. A differenza del giudice di prime cure, il collegio d’appello ha ammesso la titolarità dell’ente dissestato a esercitare l’atto, come poi avvenuto fra il 17 e il 23 giugno 2021. “Il Collegio – recita la sentenza di secondo grado – reputa meritevole di accoglimento l’appello del Procuratore regionale, in quanto ravvisa comunque nella amministrazione dissestata la titolarità del diritto di credito alla sanzione pecuniaria, che costituisce il naturale epilogo dell’accertamento giudiziale del contributo causale al dissesto e, per tale ragione, la ritiene legittimata a interrompere la prescrizione”.