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Napoli – “Noi da sempre siamo state presenti a tutte le udienze perché abbiamo grande fiducia nella giustizia. Non cerchiamo vendetta, non vogliamo che per la morte di Attilio siano incriminate persone che non hanno colpa. Ci rimettiamo alla decisione di questo ulteriore processo, fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso”.

Maria Romanò spera che prima o poi il capitolo sulla tragica morte di suoi fratello Attilio, scambiamo per un boss di camorra durante la faida di Scampia a Napoli il 24 gennaio del 2005, possa chiudersi presto. Il processo in corte d’Assise d’Appello è solo contro il presunto mandante, Marco Di Lauro, condannato in primo grado, assolto in secondo e con gli atti nuovamente inviati in appello dalla Cassazione.

Ha avuto invece l’ergastolo definito il killer Mario Buono che quella tragica mattina, in un negozio ai Colli Aminei scambiò Romanò per un uomo del clan Pariante e gli esplose contro 5 colpi di pistola. Tutto si gioca sulla credibilità di due pentiti Antonio Accurso e Gennaro Puzella. In particolare sulle dichiarazioni di quest’ultimo dato che le sue accuse sono state giudicate inattendibili nel corso del processo per l’omicidio di Nunzio Cangiano, avvenuto a luglio del 2007. Anche in questo caso Marco Di Lauro era considerato il mandante ma fu assolto nonostante le ricostruzioni di Puzella, reo confesso.