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Napoli – Lo sostiene da tempo immemore. Da quando nella sua prima consiliatura venuto fuori quel bubbone nel bilancio del Comune di Napoli defenestrò l’allora assessore, Riccardo Realfonzo, dopo appena un anno. Allora come più volte affermato da quest’ultimo “il debito del 2011 era ancora arginabile”. Ma il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris preferì abbracciare già a quei tempi con tutto se stesso la tesi del “non è colpa mia” (al di là di ogni continuità amministrativa). Colpa delle amministrazioni precedenti, ma soprattutto delle gestioni commissariali. Anche quando arrivò la Corte dei Conti che nel 2016 accusò l’amministrazione comunale di aver omesso di dichiarare 250 milioni di debiti fuori bilancio. (Non la prima, né l’ultima tegola da parte della magistratura contabile). Quella tesi si rafforzò e divenne uno slogan “debito ingiusto”, sbandierato ad ogni Governo e ad ogni rischio dissesto. Fino a inscenare un consiglio comunale sotto Montecitorio. E fino a lanciare due anni fa il manifesto di Napoli Città autonoma per cancellare il debito e ribellarsi “alle ingiustizie subite dal 1861”. Annunciando anche di battere moneta “aggiuntiva all’euro per dare forza a Partenope”. Ma fino ad oggi in realtà il sindaco disperatamente ha cercato senza sosta di battere cassa a Roma. Ed ora con il Covid-19 che ha messo in ginocchio il mondo dal punto di vista non solo sanitario ma anche economico e sociale, tenta il carpe diem.  Così insieme alla sua giunta approva la delibera per lo stralcio delle somme ingiuste dal bilancio e l’accollo allo Stato italiano. Quale migliore momento se non questo? “I debiti derivanti da negoziazioni poste in essere dai commissari straordinari – si legge nel documento -, cioè da soggetti non eletti dalla popolazione, non possono collegarsi alla responsabilità dell’ente e di conseguenza gravare sulle sue casse, ma alla responsabilità dello Stato che si è sostituito all’ente”. Un atto a cui lavora da tempo un team di giuristi, guidato dal vice presidente emerito della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena e a cui ha contribuito la Consulta dell’Audit sul debito pubblico, un organismo di studio e analisi. “E’ la prima volta in Europa che viene approvata una delibera così netta e motivata” dice convinto de Magistris. Ed in effetti un sindaco che si cancella i debiti da solo non lo si è mai visto non in Europa, ma nel mondo. Almeno in quello reale. L’ex pm  ci crede e vuole farcelo credere e così rispedisce al mittente nero su bianco i debiti contratti dai vari commissari. In primis il post terremoto che dal 2011 è costato alle casse comunali 200 milioni di euro; ma anche il commissariamento per l’emergenza rifiuti: altri 66 milioni di euro. Con la delibera cancella anche tutti i debiti provenienti da contenzioso per la stipula di contratti, concessioni di appalti e per tutti gli atti e provvedimenti emessi dai commissari. E i debiti che trovano origine in contratti di mutuo stipulati a tassi di interesse fuori mercato. “L’emergenza Covid-19 per Comuni già pesantemente colpiti dal taglio dei trasferimenti delle diverse finanziarie – spiega il sindaco – impone un’esposizione davvero impensabile fino a  poche settimane fa”. Il rischio per un Comune già in rosso è quello del crac. “I napoletani non possono pagare il prezzo dei commissariamenti due volte: per i debiti ingiusti scaricati sulla città e perché sono risorse sottratte ai tanti interventi necessari per far fronte all’emergenza sanitaria, economica e sociale”. E di certo il prezzo lo pagherebbe a livello politico anche il sindaco che con il dissesto sarebbe completamente fuori dalla scena politica. Così se De Magistris probabilmente rischia di sparire, il debito invece (anche se lui ce lo cancella) sicuramente no.