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Napoli – Giuseppe Marziale è stato condannato a 11 anni e 11 mesi di carcere per dei reati commessi nel lontano 1999, ben 22 anni fa. All’epoca aveva 26 anni, oggi ne ha 48 e ha cambiato radicalmente il suo stile di vita creandosi anche una famiglia amorevole.

L’avvocato e la famiglia non ci stanno. Vogliono una modifica per la sua condanna. Non disconoscono i delitti di Giuseppe ma se il carcere dovesse funzionare per portare sulla retta via qualcuno e questo qualcuno ci ha già pensato da solo, allora che funzione avrebbe? Questo è ciò che si domanda l’avvocato Pisani.

“Messo in cella a distanza di 22 anni dai fatti per i quali è stato ritenuto colpevole: questa non è rieducazione, ma tortura. Una tortura pensando proprio al fatto che l’uomo si sia redento da solo. Un comportamento di certo non da tutti ma che non cancella quanto fatto in passato.

Giuseppe Marziale è finito in carcere per associazione mafiosa e spaccio di droga, mica roba da poco. Un reato del genere non può passare inosservato ed impunito. Altrimenti si rischierebbe il crollo di tuto il sistema giudiziario. Basterebbe infatti cambiare stile di vita dopo un bel colpo in banca per svignarsela. No, le cose non vanno così.

L’avvocato Pisani le sta provando tutte, almeno per uno sconto di pena. Ha segnalato il caso al ministro della Giustizia Marta Cartabia. Non ha ricevuto alcun riscontro. Un video-appello sul web fu postato poco dopo l’arresto, anche dalla moglie, e pure questo gesto è rimasto lettera morta.

La denuncia dell’avvocato

Queste le parole di Pisani: “E’ in carcere da circa 8 mesi, 22 anni dopo da fatti commessi quando era appena 26enne ma lui, dopo quella breve parentesi criminale, ha cambiato vita dedicandosi al lavoro e alla famiglia. Di fatto ha sempre lavorato a tempo indeterminato costruendosi una famiglia e degli amici che lo amano. Il povero Giuseppe passa le sue giornate in un carcere di massima sicurezza quando ha già dimostrato ampiamente, con il suo stile di vita, di essere un cittadino modello che ormai non merita più questo tipo di trattamento. Ritengo che tutto questo sia veramente lontano dai principi della nostra Costituzione ed è paragonabile a una vera e propria tortura che in modo silente sta consumando la vita di Giuseppe, di sua moglie e dei suoi figli”.