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Napoli – Corsa contro il tempo per salvare il futuro de La Paranza, la cooperativa di ragazzi che gestisce il sito delle catacombe di San Gennaro e che adesso rischia di sparire dopo la richiesta del Vaticano di versare il cinquanta per cento degli incassi dei ticket. Una lettera aperta è stata indirizzata a Papa Francesco affinché si possa «garantire il prosieguo della straordinaria esperienza». A lanciare la petizione è l’associazione L’Altra Napoli onlus, attiva nel Rione SanitàNapoli e sostenitrice dell’esperienza della cooperativa La Paranza, formata da giovani del rione che gestiscono l’area.

La petizione in poche ore è stata già sottoscritta da quasi 2mila persone. «Santo Padre – si legge nella missiva – ci appelliamo a Lei per risolvere una spiacevole vicenda che da alcuni giorni trova spazio sulla stampa locale e nazionale. La commissione Pontificia di Archeologia Sacra ha rivendicato il 50 per cento degli incassi delle catacombe di San Gennaro di Napoli, che da alcuni anni sono affidate alla gestione di una cooperativa di giovani del Rione Sanità. Non compete a noi entrare nel merito di questioni formali, ma sentiamo il dovere di fornire alcuni elementi di riflessione per rivedere questa richiesta che appare economicamente insostenibile». Secondo gli attivisti le richieste economiche avanzate «determinerebbero la fine di questa straordinaria esperienza. Rivolgiamo quindi a Sua Santità un accorato appello perché la commissione Pontificia di Archeologia Sacra sappia rivedere le proprie richieste, riconoscendo il valore sociale e simbolico della rinascita delle Catacombe di San Gennaro e quindi del Rione Sanità. Siamo sicuri – conclude la letterache, anche nel rispetto delle regole del Vaticano, si possano trovare soluzioni idonee a garantire il prosieguo di questa straordinaria esperienza che è innanzitutto sociale e umana».

Sulla vicenda interviene anche il sindaco Luigi de Magistris, che con un post su Facebook ha voluto far sentire la propria vicinanza alla cooperativa: «I santi hanno la loro storia legata ai popoli di appartenenza, con il loro martirio hanno rappresentato spesso le ragioni degli oppressi, delle minoranze, dei subalterni, di chi cerca giustizia oltre la legalità formale. I santi sono veicoli di cultura, appartengono a più chiese e per questo mischiano popoli creando mappe di comunità che valicano confini. Nel caso dei Profeti e dei Patriarchi appartengono a più confessioni divenendo, nei tempi bui delle guerre, tra i pochi punti di riferimento spirituali per una ragione e un sentire universale. Qui a Napoli poi con i santi abbiamo un rapporto quotidiano. Se per il cattolicesimo è possibile chiedere la loro intercessione in quanto partecipano alla tradizione vivente della preghiera da noi sono interlocutori costanti di confronto, di conforto e di sconforto. A loro ci appelliamo per la buona sorte, per una vita migliore, per il lavoro e per la salute. Con i santi ci lamentiamo per le fatiche dell’andare avanti, per questo, con loro, ci è consentita anche qualche arrabbiatura. Abbiamo con i santi un rapporto quasi paritario, di compatimento per le quotidiane sofferenze e di condivisione per le gioie della vita. I santi a Napoli sono ritratti dai muralisti per rivendicare l’appartenenza a una comunità. La deputazione che ha la custodia del sangue del santo più importante tra i 52 che proteggono la città appartiene appunto alla città stessa».